L’improvvisa e giustificata sospensione delle lezioni nelle scuole italiane ha costretto gli insegnanti a esplorare il mondo della didattica a distanza e ad adeguarsi all’uso di strumenti spesso poco frequentati in alcune strutture scolastiche rimaste ancorate a vecchi modelli. Dall’altra parte gli studenti, i fruitori dell’istruzione, scontano problemi diversi: la precaria, quando non assente, connessione alla rete, la mancanza della disponibilità di un computer adeguato in casa e, nel caso in cui in famiglia i genitori lavorino in smart working e ci siano più figli in età scolare, la carenza di PC o dispositivi mobili in numero sufficiente.

Le difficoltà non sono un caso. Tra l’altro l’Italia brilla in negativo per essere al 24° posto su 28 Paesi per i risultati raggiunti nello sviluppo dell’Agenda Digitale; la regione “più digitale” è la Lombardia, ma questo non vuole dire che il territorio lombardo sia ben coperto dalla rete; lo verifico ogni volta che mi sposto all’interno dei suoi confini.

A parte ciò i nuovi modi del “fare scuola a distanza” sono uno sviluppo interessante oltre che utile per la didattica, infatti potranno trovare applicazione anche in futuro magari potendo usufruire di strumenti adatti, in situazioni diverse e meno tragiche di quelle cui siamo soggetti ora. Del resto il nostro Paese ha una storia di tutto rispetto riguardo l’insegnamento a distanza; propone esempi che sono validi ancora oggi.

Affronta il tema Anna Franchin in un articolo per Internazionale.it, titolo “Sei insegnanti alle prese con le lezioni a distanza”, qui di seguito c’è l’incipit:

“Alberto Manzi, un maestro che ultimamente viene citato spesso, diceva che basta una parola per aprire un mondo nuovo davanti a noi. Una parola per queste giornate è “sospensione”: l’Italia è stato uno dei primi paesi a sospendere le lezioni in tutte le scuole, il 5 marzo. Oggi 187 paesi hanno seguito l’esempio, per limitare i contagi di Covid-19. Vuol dire che più di un miliardo e mezzo di ragazzi e ragazze, l’89,5 per cento della popolazione scolastica globale, non sta andando a scuola (dai 321 milioni dell’India ai 923 dell’isola di Montserrat, nel mar dei Caraibi). In Italia la chiusura delle scuole riguarda 8,3 milioni di studenti. Per loro è arrivata in un momento di passaggio, quando finiva il quadrimestre e c’era appena stato il carnevale”. Continua a leggere su Internazionale.it

Aldo Grasso sul Corriere.it ha ricordato il progetto di Telescuola, nato in RAI nel ’58, che oggi può tornare d’attualità in particolare per le scuole dell’obbligo. La riscoperta di una televisione dedicata all’insegnamento, già promossa da più parti, è funzionale al superamento delle carenze di connessione – e sempre qui cade l’asino! – e consente di superare il limite costituito dalla scarsa disponibilità di supporti informatici adeguati in ambito domestico.

Ha risposto al post di Grasso con un contributo personale Francesca Arnaboldi, attualmente responsabile in diversi ambiti di Confconsumatori con alle spalle un lungo percorso d’impegno nella politica e nel sociale; giovanissima,dal 1961 al 1974, è stata insegnante incaricata in P.A.T ( Posto d’ascolto televisivo) Così ricorda la sua esperienza:

“Sono una vecchia signora che, da ragazza, nei primi anni sessanta, ha insegnato in un P.A.T.
Quando è stata istituita la Scuola media unica, nei comuni con un numero di abitanti inferiore a 3000, si sono creati i Posti d’ascolto televisivo. Dal lunedì al sabato, al mattino, la RAI trasmetteva 5 ore di lezione. Il programma era quello della Scuola media unica. I professori della TV erano bravissimi e la loro lezione occupava i primi 20 minuti di ogni ora. Poi due coordinatori (uno per le materie scientifiche ed un altro per le materie letterarie), utilizzando anche degli ottimi testi creati sempre dalla RAI, completavano la lezione. Questi coordinatori avrebbero dovuto essere dei laureati, ma in quegli anni era difficile trovarne ed i presidi assumevano gli studenti universitari. Io ho insegnato, fin dal primo anno di università, ad Albairate, in provincia di Milano, e, poiché mancavano anche le scuole, il sindaco aveva messo a disposizione del PAT, la sala consiliare. (Io ero seduta proprio sulla poltrona del sindaco).
È stata un’esperienza bellissima che ha segnato la mia vita.
Oggi ho letto, con grande piacere, l’articolo di Aldo Grasso che ha messo in evidenza i meriti della RAI ed auspica che si possa realizzare una nuova Telescuola. È una bellissima idea e il nostro Paese avrebbe proprio bisogno di azioni positive. E non solo nel tempo del coronavirus”. di Francesca Arnaboldi

C’è da augurarsi che le soluzioni trovate per fare fronte all’emergenza siano di spunto per rinnovare e ampliare l’offerta didattica a tutti i livelli attraverso percorsi e orientamenti adatti alle necessità e agli interessi congeniali alle diverse età della vita. È di queste ore l’annuncio che il Governo attraverso la Rai, intende dare il via alla strutturazione di un palinsesto che consentirà agli studenti di superare le difficoltà di accesso alla didattica a distanza. La formazione deve essere continua affinché ciascuno di noi possa tenere la mente accesa!

Foto da Pixabay

 

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