A tutti è capitato almeno una volta nella vita di incontrare un animale in difficoltà; magari si era perso, o peggio, era stato abbandonato, o era ferito. In tanti anni ho avuto l’avventura di incrociare la strada di parecchie bestiole per qualche motivo “incasinate”, tra queste molti cani, qualche gatto e perfino un riccio. Non mi sono mai tirata indietro nel porgere la mano alla zampa che chiedeva aiuto e la mia disponibilità è sempre stata ben ripagata tanto che quando mi capita di inciampare in uno sguardo spaurito sotto due orecchie per natura dritte, pendule, flosce, grandi, piccole e magari puntute e comunque ritratte indietro in coerenza con una coda bassa, entro subito nella modalità “fidati, io ti salverò!”. Lo sa bene chi mi frequenta 😁.

Al riguardo questa estate difficile e incerta, trascorsa in montagna, mi ha regalato un incontro memorabile, ora un ricordo straordinario da conservare e di cui godere ogni volta che ne avrò voglia. Era l’inizio di luglio, credo un mercoledì più o meno intorno a mezzogiorno, il mio compagno, io e la Tina stavamo tornando dalla passeggiata di routine, il solito giretto igienico che da casa attraverso un pratone conduce al pascolo dove c’è una “bolla” cui si abbeverano le mucche. Da lì si può salire più in alto scegliendo di raggiungere qualche rifugio dove gustare la classica polenta uncia della Val d’Intelvi, la taragna, oppure chi ha buone gambe può imbroccare uno dei tanti sentieri che permettono di esplorare questa bellissima zona. Noi di solito deviamo su un tracciato laterale che conduce fino alla strada. In questo modo torniamo al punto di partenza, casa nostra, avendo compiuto un anello di circa settemila passi, non tanti, ma neppure da buttare via per gente abituata alla vita di città.

ghostwriter golden retrieverQuel mercoledì non c’era anima viva in giro, nessun viandante e neppure un trattore con il solito carico di legna, o di balle di fieno, solo noi e una congrega di mucche sparse nel verde. Del resto l’orario coincideva con il momento in cui la gente spignatta in attesa di mettersi a tavola. Per me che non spignatto e arrangio pranzo e cena, un momento vale l’altro per fare due passi e “chi mi ama mi segue”. Al momento di abbandonare il sentiero e tagliare per la strada del ritorno è apparso dal nulla un cane bianco, bianco sporco, anzi decisamente fané. Grande e amichevole. E bello, molto bello, un golden, una razza di città abituata a frequentare case agiate, padrone firmate e bambini di scuole private, o almeno queste erano le linee guide dei retriever prima del Covid-19 perché adesso di sicuro non c’è più niente. Noi umani ci siamo presentati con un grattino sotto il mento, la Tina gli ha abbaiato poco convinta e lui l’ha ignorata, poi abbiamo spiato in giro, il mio compagno e io, mentre cercavamo di approfondire la conoscenza con il cucciolone. Scrutavamo il sentiero e la strada in attesa di vedere spuntare un padrone. Lui, il peloso, ci compiaceva dimenando il posteriore con la coda a bandiera e alzando le zampone; l’andatura dinoccolata e i denti di un color luna abbagliante ci hanno confermato che doveva trattarsi di un giovanotto intorno all’anno. Il padrone tardava a palesarsi, ma eravamo fiduciosi: non si abbandona a cuor leggero un cane così. Mentre aspettavamo, abbiamo diviso tra lui e la Tina qualche biscottino. Forse il cane si era perso seguendo qualche pista e del resto siamo in montagna dove volpi, cervi e cinghiali la fanno da padroni.

«Vuoi venire da noi per il pranzo?» Avevo buttato lì l’invito senza chiedere l’autorizzazione a Tina; lei è una #similJackRussell di origini incerte, molto sveglia e possessiva. Ha iniziato a osservare l’intruso con preoccupazione e quando lui si è avvicinato scodando per la gratitudine, ha preso a ringhiare, dal basso, tanto per fargli capire che doveva stare al suo posto. Anzi, che proprio non era aria e per lui sarebbe stato meglio non seguirci che tanto io non so cucinare. Ma le scatolette e i sacchi di croccantini li apro con maestria!

Per fortuna il cagnolone bianco non le ha dato retta e ci ha seguito camminando un po’ al nostro fianco e un po’ intorno a noi, strusciando il testone contro la mia tasca, quella da cui avevo tirato fuori i famosi biscottini. Quando siamo arrivati al cancello non ha esitato a entrare, nonostante la Tina. La pappa e da bere per prima cosa, poi ha esplorato i dintorni di casa, si è allargato a una parte del giardino e ha cercato di entrare nelle grazie della nostra cagnetta.

Qualche ora dopo eravamo dal veterinario di zona, quindi ci siamo messi in contatto con il veterinario responsabile della Asl. Trovare un cane richiede di assolvere una serie di questioni, prima tra tutto la verifica dell’esistenza di un microchip, visto che il peloso non indossava alcuna medaglietta; nel frattempo abbiamo inondato la Rete di foto e avvisi nella speranza di rintracciare il padrone che ormai avevo inquadrato come un soggetto poco affidabile, se non un disgraziato. Intanto il cane senza nome ci intratteneva con grazia, conquistando ciascuno di noi in modo speciale. L’abbiamo battezzato Rudy, un modo per riconoscergli il suo posto nel mondo e in famiglia. Io sono diventata l’amica preferita per le coccole, quella su cui strusciarsi per avere un grattino e un biscotto, al mio compagno Rudy ha riservato il ruolo di capobranco indiscusso, un riconoscimento che non ha mai avuto neppure da Tina, e lei è diventata la sua sorellina maggiore (d’età), la compagna di giochi di ogni giorno. Dalla prima sera ha dormito sul divano comportandosi come un ospite bene educato, abituato a frequentare case attrezzate, cucine “profumate” e perfino ambienti di lavoro disordinati, infatti mi ha fatto compagnia installandosi sotto la mia scrivania ogni pomeriggio, all’ora in cui era uso fare un pisolino.

Nel tempo che ha trascorso con noi Rudy ha dato prova della sua intelligenza e del suo buon carattere. Intraprendente e perspicace, imparava in fretta e si faceva perdonare le birichinate che combinava più che altro perché non aveva idea della sua mole. Talvolta noi lo guardavamo sospirando e commentavamo che sarebbe stato bellissimo poterlo tenere per sempre, un sogno che tale sarebbe rimasto. Infatti, senza dilungarmi troppo in spiegazioni, posso dire che per quanto ci riguarda siamo stati costretti a diminuire la taglia del cane di famiglia con l’aumentare dell’età. E siamo avanti già un pezzo! Tuttavia non avremmo permesso che Rudy finisse in canile, ne avremmo avuto cura finché non avesse trovato famiglia.

Poi per un imprevisto di lavoro abbiamo dovuto lasciare la montagna e rientrare a Milano per due giorni e per quel tempo Rudy è stato ospite presso la Valle dei Labrador, accolto e seguito da Gabriele e Nicoletta, in compagnia di una truppa di magnifici pelosi, i loro cani di famiglia. L’abbiamo lasciato lì una domenica verso mezzogiorno e ripreso il lunedì sera; in quelle poche ore ha incontrato Laura, in quei giorni in vacanza: tra loro è stato amore a prima vista. Ormai è trascorso un mese da quando Rudy, ribattezzato Muffin da Laura per la sua dolcezza, vive con la nuova famiglia di cui fa parte anche un gatto. Laura ogni tanto ci dà notizie, ci manda delle foto. Lui è cresciuto, ha un’espressione più “adulta”, è bianco splendente e non più fané, e noi siamo felici che sia in ottime mani e si sia ambientato bene, tuttavia ogni tanto ci perdiamo a riguardare le foto e i video in cui giocava con Tina qui, nel nostro giardino. Ci consola sapere che lo potremo incontrare la prossima estate.

RudyMuffin ci manchi, ma va bene così. Buona vita a te e alla tua famiglia!

ghostwriter golden retrieverChi non ha mai posseduto un cane, non può sapere
che cosa significhi essere amato (Schopenhauer).

 

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