Ho appena concluso la lettura de I fatti – Autobiografia di un romanziere di Philip Roth. Negli anni ho letto moltissimi libri di questo immenso autore e, considerato che per procurarmi di che vivere uso la penna (faccio la ghostwriter scrivendo le storie che altri mi raccontano), avere conosciuto quest’opera con tanto ritardo è una mancanza di cui mi dispiaccio.

Roth ha scritto I fatti – Autobiografia di un romanziere all’alba dei suoi cinquantacinque anni, il libro è del 1988, forse anche per trovare sollievo a un forte esaurimento nervoso. Essendo il geniale scrittore che tutti conosciamo, si racconta a partire dalla realtà degli accadimenti che ha vissuto e che hanno fatto di lui l’uomo e lo scrittore che è diventato, ma lo fa in modo speciale; chiude la parte squisitamente autobiografica tra un prologo, una lettera indirizzata al personaggio chiave di diversi suoi romanzi, e la risposta che questi dà dopo la lettura con il commento al manoscritto.

Dalla quarta:
Philip Roth invia una lettera a Nathan Zuckerman – protagonista di molti suoi libri e alter-ego per eccellenza – chiedendogli se valga la pena pubblicare il testo che gli allega. Sono pagine autobiografiche che l’autore di Pastorale americana ha scritto a seguito di una crisi emotiva ed esistenziale che lo ha condotto a un ripensamento tanto della sua letteratura, quanto della sua vita.
L’autore si concentra su cinque snodi del suo percorso esistenziale: l’infanzia protetta e circondata dall’affetto dei genitori negli anni Trenta e Quaranta, l’educazione alla vita americana durante gli anni universitari, il tormentato rapporto con la persona piú arrabbiata del mondo («la ragazza dei miei sogni»), lo scontro con l’establishment ebraico seguito alla pubblicazione di Goodbye, Columbus, fino alla scoperta, negli scatenati anni Sessanta, del lato più folle del suo talento che lo porterà a quel capolavoro che è Il lamento di Portnoy. I fatti è l’autobiografia non convenzionale di uno scrittore non convenzionale.

Philip Roth autobiografiaImmagino che per i non appassionati di Roth il contenuto di questo libro possa a tratti risultare perfino noioso. Le autobiografie non sono per tutti, ma questa merita un’attenzione speciale perché è anche una guida per curiosare nei meccanismi della scrittura dell’autore. Qui Roth si racconta attraverso i fatti, ma non si limita a questo, dà loro un significato riflettendo su se stesso, sulla sua vita a cavallo tra la realtà e la finzione letteraria. Inoltre che dire della lettera di Roth a Zuckermann che introduce la parte del memoriale e del commento finale di Zuckermanna a Roth? Per me sono un capolavoro, mi hanno incantato.

Da questa lettura ho ricavato molti spunti di riflessione e anche parecchie conferme rispetto alle mie esperienze di scrittore fantasma alle prese con tanti narratori. Tornerò a parlarne. Per ora mi piace dare evidenza ad alcune citazioni di Roth che penso possano in qualche modo riguardare tutti coloro che, arrivati a un certo punto della vita, avvertono la voglia, o perfino l’esigenza di affrontare un progetto autobiografico.

 

In apertura, a pagina 1 e 2, Roth scrive:

E di questo libro non c’era l’esigenza; nessuno lo ha commissionato, nessuno ha chiesto un’autobiografia di Roth”.

Perché dunque pretendere oggi una visibilità biografica…

Superata la cinquantina, si sente il bisogno di trovare dei modi per rendersi visibili a se stessi. […] … perché faccio quello che faccio, perché vivo dove vivo, perché divido la mia vita con la persona con cui la divido. […] … ero arrivato semplicemente a credere di non poter più cambiare”.

Philip Roth autobiografia

«I fatti è allo stesso tempo un romanzo, un’apologia pro vita sua, una confessione, un’informale “Guida all’opera di Philip Roth”, un esercizio di nostalgia e di risarcimento».  The New York Times

I fatti – Autobiografia di un romanziere di Philip Roth
Traduzione di Vincenzo Mantovani
Einaudi Super ET, 2014 – pagine 208

 

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