Ce la sentiamo di stare a volto scoperto in mezzo alla gente, all’aperto, s’intende, o di cenare nella sala di un ristorante, sia pure garantiti dai tavoli posti a debita distanza, o di ficcarci in un centro commerciale per farci tentare dai saldi, dopo avere imparato a comprare l’impossibile online? E come rispondiamo all’invito per un caffè a casa dell’amica complottista che rifiuta il vaccino?

Sono felice di potermi muovere in libertà, ma non riesco a liberarmi da quello che razionalmente ritengo sia un eccesso di prudenza. Resto cauta, talvolta divento ansiosa, dipende dalle circostanze; calibro comportamenti e mascherine in relazione a ciascuna delle occasioni in cui sono obbligata a confrontarmi con altri. Non esco senza portarmi appresso la chirurgica neppure in montagna, dove lungo i sentieri incontro rari passanti e nei pratoni sono le mucche, le capre, i muli e i cavalli a farla da padroni. Quando devo fare la spesa, il mio mantra è mai più senza la FFP2.

Dimenticavo di dire che sono vaccinata con due dosi di Pfizer. A rigore il Covid di adesso, varianti note comprese, quasi mi fa un baffo. Eppure…

Vivo una libertà fisica condizionata dal mio istinto di conservazione, ancora in massima allerta. Forse con il tempo cambierà misura, da DEFCON 3 passerà a DEFCON 4 e io potrò abbassare le difese; per ora non ce la faccio.

Su altri fronti, invece, nel tempo trascorso in lockdown ho imparato a godere di una maggiore libertà nelle relazioni con le persone e rispetto la Rete. Oggi sono felice di rivedere gli amici in carne e ossa, ma solo alcuni, infatti in questo lungo periodo in cui i confinamenti più o meno rigidi ci hanno posto tanti limiti, mi sono liberata del superfluo in senso ampio. Oltre a eliminare le decolleté tacco 10 e mezzo, diversi abiti, alcuni tailleur e troppe borse, ho lasciato andare parecchie zavorre umane che seguivo solo per buona educazione. Quelli che stimo, cui sono affezionata, sono gli amici veri, cui mi sento legata e che mi fanno stare bene. Sono gli unici che non ho mai smesso di sentire e vedere in questi lunghi mesi, sia pure a distanza, da lontano, o magari solo online. Gli altri, i danni collaterali del vivere in una società interconnessa, ho imparato a gestirli con maggiore lucidità e più distacco. È un enorme vantaggio.

Inoltre da un anno non uso più i Social, mi limito a scrivere sul mio blog brevi articoli che riguardano il mio lavoro di scrittore fantasma e qualche post come questo, in cui fotografo piccoli fatti del quotidiano, ma ho smesso di frequentare Facebook, Twitter, Linkedin e Instagram ed è un bel sollievo scoprire che posso vivere bene, intendo anche dal punto di vista professionale, senza Social: fa bene al lavoro e anche all’umore. Il mio non è un sentire del tutto isolato, Facebook e compagnia hanno perso smalto per parecchia gente, tra i giovanissimi in particolare e non solo. Che bello sarebbe se potessimo liberarci del ciarpame digitale, ormai certi Social starebbero bene in un museo! In attesa di qualcosa di nuovo e, speriamo, di meglio.

 

Immagine d’apertura Foto di Sergio Cerrato – Italia da Pixabay

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