Sto uscendo dall’ennesima riunione di condominio così come si esce da una malattia, purtroppo in questo caso la convalescenza è destinata a fallire, infatti il malanno condominiale è cronico e per raggiungere la completa guarigione dovrei rinunciare alla casa. Sulla via del ritorno rimugino su quanto sia peggiorata la qualità della convivenza, e delle persone, ed è un problema trito e destinato a restare senza soluzione per parecchio. Aspetto l’ascensore e nel frattempo sogno di divorziare dall’amministratore, ma potrei accontentarmi di una separazione definitiva da alcuni vicini di casa. Non credo di essere la sola a patire e neppure l’unica ad accarezzera l’idea di avere un panorama diverso fuori dalle finestre. Purtroppo il condominio equivale a una condanna irreversibile a una convivenza senza pace. Il rimedio ci sarebbe, anche se di difficile attuazione: basterebbe traslocare in una villa con ampio giardino e alti muri di confine. Quanti di voi hanno già avviato la ricerca? Quanti sono costretti a restare imbottigliati, loro malgrado, in guerre basate su questioni spesso prive di senso? Avete qualche dritta da darmi?

Per giunta sono bigama, anzi trigama – si può dire? –, infatti ho rapporti plurimi con diversi amministratori che gestiscono le case dei miei familiari. In epoca non sospetta –  con ciò intendo parecchi anni fa, ben prima della pandemia, dei superbonus e dei vari incentivi fiscali -, i citati parenti mi avevano chiesto di occuparmi di conti e rendiconti dei loro appartamenti in condominio. All’inizio avevo resistito, poi ero stata costretta a capitolare: “Non puoi negarci questo favore. Noi siamo vecchi e stanchi e non ci capiamo niente e poi cosa sarà mai, per te, partecipare a un’assemblea all’anno! Senza contare che è una buona occasione per conoscere gente nuova, certi tipi strani come quello del secondo piano che come animale domestico ha un furetto. Magari ti saranno d’ispirazione per qualche personaggio da mettere nei libri che scrivi”. Le loro argomentazioni non erano per niente originali, fingevano di non ricordare che in famiglia abbiamo avuto lo zio William che divideva un trilocale in zona Loreto con una scimmia cappuccino di nome Elvira. Altra storia interessante e comunque pace all’anima loro.

Se avessi avuto allora l’esperienza che ho adesso in tema di riunioni di condominio e di amministratori, non avrei mai accettato, ma all’epoca abitavamo tutti un mondo diverso in cui era normale confrontarci con persone educate e spesso perfino competenti, almeno per la materia che li riguardava, mentre oggi ogni cosa è incarognita. Sì, sto facendo il verso a Ogni cosa è illuminata,di Jonathan Safran Foer, bellissimo libro e fantastico titolo, se non l’avete letto ve lo consiglio.

Ormai siamo in un’altra stagione, il condominio è lo specchio del Paese, molti amministratori, non tutti, sono dei replicanti dei nostri peggiori politici mentre tra condomini siamo ai coltelli. Il favore ai cari parenti si è rivelato prima una fregatura e poi un danno. Su una cosa avevano comunque ragione: il condominio è una miniera da cui posso estrarre infiniti casi umani utili per i miei libri. “Usali come comprimari” diceva la buonanima di mia suocera, “perché tu che fai la ghostwriter il protagonista ce l’hai sempre bell’e pronto, e ti paga pure”. Amen!

Immagine d’apertura da Unplash

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