È uscito Spare, il memoir del principe Harry scritto da J.R. Moehringer. Agli occhi di chi, come me, scrive per mestiere, il libro fa notizia non tanto per il suo blasonato autore o per le 400mila copie vendute il primo giorno in libreria quanto per l’attenzione che per la prima volta molti media hanno indirizzato oltre che sul Principe Harry, l’autore e uno dei Vip più famosi al mondo, anche su J.R. Moehringer lo scrittore, il ghostwriter cui il duca di Sussex ha affidato il compito di scrivere la sua storia.

Il ghostwriter è uno scrittore professionista che basa ciò che scrive su una storia che un altro gli racconta.

J.R. Moehringer è senz’altro un fuoriclasse tra gli scrittori fantasma, il mio preferito per come lavora. Ho letto molti dei libri che ha scritto a partire da Open di cui è autore Agassi, l’opera letteraria che mi ha consentito di perfezionare il mio modo di fare ghostwriting.

Probabilmente, secondo le regole del ghostwriting di questo livello, il principe Harry non avrà scritto nemmeno una parola del tomo pubblicato con il suo nome in copertina tuttavia dalla relazione con J.R. Moehringer, durata mesi trascorsi in ore e ore di conversazione in un rapporto che alternava fasi di racconto, scherzi, confessioni, pianti e rese dei conti, è uscito un libro che racconta la verità di Harry come lui non avrebbe mai saputo rappresentarla: la migliore delle verità possibili nel momento in cui il libro è stato realizzato. Dico ciò anche se non ho ancora letto Spare perché negli anni ho studiato lo scrittore Moehringer e immagino che per realizzare quest’ultima opera abbia impiegato lo stesso metodo che aveva già usato a suo tempo con Agassi per scrivere Open, il libro da cui ho imparato tanto, cui devo tanto.

L’ispirazione per lo scrittore fantasma nasce e si sviluppa da una storia vera che prende spunto dalla vita di un’altra persona e rappresenta l’idea, il punto di partenza per la scrittura.

Quando lavoro nel ruolo di scrittore fantasma, scrivo in autonomia, senza condizionamenti da parte del narratore di turno. Il processo che applico è relativamente semplice: acquisita la storia, completati i lavori di ricerca e dopo avere accumulato un malloppo di appunti che di per sé ha già la misura di un libro, sono pronta a decidere l’impianto architettonico del romanzo che scriverò. autobiografico o comunque ispirato ad accadimenti reali. Magari, in corso d’opera, potranno rendersi necessarie alcune modifiche e, più raramente, qualche piccolo stravolgimento, ma è difficile che mi discosti di molto dalla traccia iniziale.

Per realizzare il libro, il ghost writer deve cambiare pelle ed entrare nella parte del suo narratore evitando giudizi e pregiudizi.

Dal racconto orale alla pagina scritta cosa cambia? Il libro, romanzo o memoir, deve raccontare la storia in modo efficace e coinvolgente e proprio per questo, per garantire una scrittura all’altezza del compito occorre rendere finzione ciò che è realtà, trasformare il narratore in un personaggio per arrivare a creare un racconto.

È certo che anche la più fantastica delle storie per crescere e diventare un romanzo ha bisogno di incontrare lo scrittore che sappia reinventarla e scriverla in maniera da catturare l’interesse dei lettori. Per il modo in cui interpreto la mia professione di scrittrice delle storie di altri, la storia scritta nel libro, con a base il racconto orale di un narratore, è una versione unica e originale di una nuova verità filtrata ed elaborata sulla base del materiale di narrazione cui chi scrive ha accesso. Questa storia appartiene allo scrittore perché sua è la scrittura.

Questo è anche ciò che ho imparato da J.R. Moehringer e da altri del suo calibro, un insegnamento che cerco umilmente di applicare in ogni libro che scrivo. Del resto, come scrive Francesco Longo su RivistaStudio, “Spare è l’ennesima prova che la letteratura la fa lo stile e non la storia in sé”.

 

J.R. Moehringer è nato a New York, figlio unico, ed è cresciuto con la madre nel quartiere di Manhasset su Long Island. Da parte di padre ha origini italiane (il cognome del nonno era Attanasio, prima di essere cambiato in Moehringer per integrarsi con la comunità tedesca); da parte di madre ha origini irlandesi. Laureato in Lettere alla Yale University, ha iniziato la sua carriera giornalistica come fattorino al The New York Times. Nel 2000 è stato vincitore del premio Pulitzer per il giornalismo di approfondimento e costume (feature writing) per il suo «ritratto di Gee’s Bend, una isolata comunità fluviale in Alabama dove vivono molti discendenti di schiavi, e di come la loro vita possa cambiare in seguito all’arrivo di un traghetto verso la terraferma». La sua carriera di scrittore inizia nel 2005 con l’uscita del suo primo romanzo, Il bar delle grandi speranze (The Tender Bar), in cui ripercorre la sua giovinezza. Il libro è stato definito il migliore dell’anno da diverse testate giornalistiche americane, tra cui il New York Times e USA Today. Moehringer ha scritto Open, l’autobiografia del tennista statunitense Andre Agassi, uscita nel 2009 e pubblicata per la prima volta in Italia nel 2011, così come L’arte della vittoria (Shoe Dog), autobiografia del fondatore della Nike Phil Knight, pubblicata in Italia nel 2016 cui si aggiunge ora Spare, l’autobiografia di Henry, duca di Sussex. Nel 2012 (febbraio 2013 in Italia) esce il suo secondo romanzo, Sutton (Pieno giorno in Italia, ed. True Piemme), storia del rapinatore Willie Sutton, detto «l’Attore».

Immagine d’apertura presa da Internet.

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