Oggi è difficilissimo vendere libri, lo sanno tutti e gli autori sanno che è perfino difficile farsi leggere anche se i libri li regali. Il problema è noto: gli italiani scrivono, ma non leggono e se non sanno scrivere fa niente, alla peggio pubblicano con il “selfpubfaidate”, che è altra cosa dal “selfpubpro” , dove pro sta per professionale. Gli autori, scrittori, ghostwriter e perfino gli hobbisti della penna, che rappresentano il primo anello della catena di produzione di un testo, se vogliono campare non possono fare gran conto sugli introiti derivanti dal diritto d’autore e, comunque pubblichino, dovranno arrangiarsi per promuovere la loro opera. Gli editori non hanno soldi da investire e anche la distribuzione è in forte difficoltà.
Il quadro della situazione è sempre lo stesso, anno dopo anno e con una certa frequenza c’è chi tenta nuove analisi. Andrea Coccia ha spiegato il fenomeno in un recente  articolo de Linkiesta. Secondo Coccia basta guardare ai numeri: nel 2016 il mercato ha visto entrare in libreria più di 66mila nuovi titoli, di cui 18mila di sola narrativa (dati AIE). Nel 1980, sempre secondo l’AIE, quegli stessi numeri parlavano di un mercato totalmente diverso, fatto di sole 13mila novità, di cui soltanto 1000 erano di narrativa. Per contro il numero dei lettori è rimasto stabile a fronte di un aumento della produzione di circa il 600 per cento, un aumento che, nel solo campo della narrativa, è di circa il 1800 per cento. Troppi libri, dunque, molti di bassa qualità, molti che non sono adeguatamente promossi, tutti restano sugli scaffali per un tempo che ormai si misura in qualche settimana.
Propone invece una tesi diversa Antonio Tombolini che nel suo blog scrive che “non è la sovrapproduzione ad alimentare il vortice delle rese, è invece il meccanismo delle rese ad alimentare la proliferazione dei nuovi titoli” e in tutto ciò la fanno da padrone i distributori, infatti, “Meno libri si vendono e più il distributore guadagna”. Dice anche che la situazione è arrivata a un punto davvero critico perché gli attori in gioco, gli editori e il distributore (di fatto Messaggerie ha il monopolio), sono indebitati all’inverosimile. Gli editori non hanno più soldi per pagare il distributore che, a sua volta, non ha altra scelta che svalutare i suoi crediti. In tutto ciò ricordiamo che le librerie non se la passano meglio. La produzione digitale non entra in queste logiche.

In ambedue le analisi c’è del vero, eccome! Occorre una nuova nuova idea per ripartire. Nel frattempo, quel che mi piacerebbe sapere ora è: cosa accadrà quando scoppierà la bolla?

Immagine dal web.

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