La notizia è recentissima: un giudice della Corte Suprema dello stato di New York ha pronunciato una sentenza in cui accoglie le istanze di una coppia di genitori che chiedevano al figlio di andare a vivere per conto suo. Ora il ragazzo, un trentenne che aveva ignorato cinque provvedimenti già emessi in questo senso fra il febbraio e l’aprile di quest’anno, dovrà fare fagotto in via definitiva (potete leggere la notizia qui). Ho alcuni amici che vivono una situazione simile a questa o magari ne sono appena usciti dopo una serie di faticose trattative portate avanti in famiglia, non in tribunale, a caro prezzo. Quelli che se lo potevano permettere in qualche caso hanno preferito dare fondo ai risparmi per mantenere fuori casa il pargolo e non continuare ad averlo tra i piedi. La speranza è che prenda coscienza del proprio stato di adulto e, con il tempo, “si sistemi” e inizi a gestirsi in autonomia. Da noi un detto famoso recita che “La speranza è l’ultima a morire”. Ammetto che qualche volta mi sono ispirata alle vicende di questi cari amici per scrivere una storia; ora nel cassetto ho più di qualche racconto in chiave comica che li riguarda, del resto è noto che gli scrittori sono ladri di storie. Tranquilli, non siete identificabili se non, forse, a voi stessi e comunque sono chiusi in fondo al mio cassetto. Sappiate che mi sono divertita a scriverli e spero che per questo non me ne vorrete.

A parte il lato comico di queste vicende, la questione in sé è seria. Di recente è stato presentato il Rapporto Giovani 2018 realizzato dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’università Cattolica di Milano. L’identikit delle nuove generazioni è disegnato sulla base di un campione rappresentativo di 3034 persone di età compresa tra i 18 e i 34 anni. “Spiega Rita Bichi , docente di Sociologia alla Cattolica: «La generazione di oggi, chiamata Generazione Z (che già cresce con la consapevolezza che il futuro non è più qualcosa di scontato) rispetto a quella nata negli anni Ottanta e Novanta, cosiddetta Millennials (la prima generazione dal dopoguerra a trovarsi in una situazione peggiore di quella dei propri genitori), vive positivamente il progresso tecnologico ma allo stesso tempo risente negativamente dell’incertezza economica che sta attraversando il mondo e che ha precarizzato il lavoro e anche la scuola; noi siamo tra i primi per abbandono scolastico da parte dei ragazzi tra i 16 e i 24 anni. Prima viene la Spagna, poi l’Italia. Inoltre solo poco più del 15% dei giovani italiani è laureato, contro oltre il 34% del Regno Unito. L’Italia ha anche il triste primato dei Neet, giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione, che sono oltre il 26% tra i 15 e i 24 anni»”. Per saperne di più continua a leggere l’articolo di Carlo Valentini su ItaliaOggi.

In media i ragazzi italiani abitano a casa con i genitori fino a trentacinque anni. Per molti la condizione di convivenza forzata è sicuramente colpa della crisi economica, delle difficoltà nel trovare lavoro che, quando c’è, magari è precario e mal pagato, per contro non sono pochi i giovani cui piace vivere comodamente accuditi e coccolati dai genitori e questo non è un fenomeno recente.

Vi ricordate il film Tanguy di Étienne Chatiliez, una commedia francese del 2001?

Tanguy è il nome del figlio ventottenne di una coppia benestante, intelligente e studioso, vanta un master in filosofia e in giapponese e lavora a una tesi in cinese in corso di stesura, è anche molto attivo nelle conquiste femminili, ma non si decide a lasciare al casa paterna anche quando si palesa l’opportunità di andare a vivere da solo perché il suo interesse per la lingua cinese gli offre l’opportunità di andare a stabilirsi a Pechino. Tanquy non è convinto, non se la sente di compiere un passo così impegnativo, e comunica ai genitori che ci sarà un rinvio della partenza di almeno un anno. A questo punto il delicato equilibrio del rapporto genitori-figlio implode. La madre non sopporta più la presenza del figlio in casa e cerca di forzare i tempi. Lei e il marito tentano di rendere impossibile la vita familiare a Tanquy e questo è il cuore della commedia, assai divertente, in cui molti genitori e figli, si possono riconoscere.

Dal 2001 ad oggi tutto è diventato più complicato e spesso i ragazzi non hanno alternative: o vivono con i genitori o tentano la fortuna espatriando e la situazione generale, sempre più disperata, ha perso le connotazioni della commedia. Il cambiamento che stiamo vivendo, difficile da comprendere, rende normale la circolazione di chiunque con destinazione ovunque, in cerca di pace e lavoro, di una possibilità di vita degna. Se ne facciano una ragione tutti quelli che pensano sia giusto chiudere le frontiere davanti a chi scappa per guerra o per fame; anche i nostri figli, i nostri nipoti se ne vanno da qui per cercare un lavoro e un futuro migliori. Per fortuna, possono viaggiare “in regola” e in condizioni di assoluto privilegio, ma sono comunque migranti e cercano accoglienza in un qualche “altrove”, non dimentichiamolo.

Tanguy (2001)
Un film di Étienne Chatiliez con Sabine Azéma, André Dussollier, Eric Berger. Genere Commedia durata 110 minuti. Produzione Francia
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