Londra 2_GhostwriterRodolfo, mio nipote, è partito per Londra il giorno dopo la Brexit per una vacanza-studio di qualche settimana. Ogni tanto ci parliamo su whatsapp. “Cosa dicono gli inglesi di Brexit?” è la mia domanda ricorrente. Le sue risposte sono sempre le stesse: “Tantissimi sostengono di avere votato Remain, dicono che non volevano mollare e che è tutta una stronzata”. E poi: “Sono preoccupati perché pensano che non ci sarà modo di rientrare in Europa”. E ancora: “Alla fine a me non pare che sia cambiato niente dall’anno scorso”.  Insomma, solo aria fritta. Io, che sono una zia un po’ rompiballe, non mollo e continuo a indagare. Oggi Rodo ha tirato fuori una risposta che mi ha illuminato: “Cosa vuoi sapere, ancora! È successo ed è un pasticcio. Non dicono altro. Qui in giro mica ci sono dei poeti!”
È vero. Oggi nel mondo non c’è più poesia, non ci sono più poeti, persone che sappiano trovare le parole speciali per descrivere il senso dell’esistenza oltre i confini della letteratura, uomini e donne capaci di regalare frasi che siano un messaggio con dentro un’idea, magari una meta su cui puntare, anche se i tempi sono difficili, per certi aspetti incomprensibili e senz’altro imprevedibili.
Penso ai ragazzi come Rodo, diciottenni felici ed entusiasti, e spero che possano avere un futuro, ma non ho certezze. Questo, insieme alle difficoltà di dialogo che Londra_ghostwriterincontro con alcuni adulti, che una volta mi erano amici e non riconosco più, mi rende triste. Da Brexit è passato meno di un mese; in questo tempo sono state stroncate centinaia, migliaia di vite innocenti. Comincio a sentirmi un’aliena dietro i muri che si alzano, la diffidenza che diventa palpabile, la riduzione delle libertà. Il disastro generale di cui quelli della mia generazione e dintorni sono in parte responsabili, si è creato per accumulo. Infatti, ci abbiamo messo del tempo, ma siamo riusciti a sostituire il pensiero, gli ideali, la voglia di lottare per qualcosa, con il lavoro per l’accumulo di denaro, un uso sbagliato della tecnologia, il consumismo, lo strapotere dei media che ci hanno istupidito. L’elenco potrebbe continuare, ma è inutile. Mi manca un po’ il fiato nel constatare che pensare, conoscere, capire, dialogare, siano esercizi praticati da pochi. La maggior parte delle persone vive prigioniera dei pregiudizi,  inconsapevole delle proprie colpe, impermeabile a qualsiasi evento, purché non li tocchi da vicino. Forse è una forma di difesa dall’orrore quotidiano.
Non mi resta che un appiglio, già un po’ disperato. Quel che conta a qualunque età è non arrendersi. Mai.

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