Davide Coppo ha pubblicato un articolo su Pagina99, ripreso in questi giorni da Il Post, dove spiega la diffusione di una nuova estetica , l’AirSpace, legata allo stile d’arredo degli ambienti in cui viviamo, le nostre case, ma anche degli alloggi che abbiamo la possibilità di affittare in qualunque posto nel mondo, per soggiorni che possono essere di pochi giorni come di lungo periodo. La società più famosa in questo campo di attività è Airbnb e forse, secondo quanto scritto da Coppo, è anche quella che ha indotto all’omologazione dell’arredamento.
Dietro tutto ciò c’è molto di Ikea che, nata nel 1926 in Svezia, ora distribuisce i suoi prodotti in quaranta Paesi nel mondo.
La lettura dell’articolo di Davide Coppo, ha riportato a galla un retropensiero che nutro da qualche anno. Lavorando come ghostwriter, visito spesso le case e i luoghi abitati dai miei narratori (coloro che mi raccontano la loro vita con l’intento di farne una biografia romanzata). Osservare i posti e gli ambienti che magari dovrò tratteggiare in un libro, è utile per conoscere meglio loro e per indagare il contesto in cui si sono svolti i fatti di cui dovrò scrivere.
In queste occasioni mi capita spesso di incappare in qualche elemento firmato Ikea. Almeno tre volte ho scoperto di avere anch’io in comune con il narratore di turno un piccolo mobile, un complemento d’arredo e mi è capitato di scoprire anche una comunione di gusti tra alcuni miei narratori, soprattutto in relazione a tavoli e librerie. Per non dire di come, viaggiando, io ritrovi spesso in bar, bistrot e sui balconi di alcuni hotel sparsi per lo stivale, la stessa coppia di sedie con tavolino assortito, made in Sweden,  sempre lo stesso.
Si tratta di un fenomeno inevitabile, però ci impoverisce, toglie spazio agli elementi che compongono la storia di un luogo, alla loro unicità. Ma c’è anche un altro aspetto da considerare, quello legato alla memoria. Cosa infileremo nel baule dei ricordi se ci muoviamo in ambienti sempre più simili tra loro? L’omologazione mi inquieta, infatti, sono convinta che le diversità siano un valore fondamentale. Inoltre, se penso che in futuro potrò sentirmi descrivere da persone diverse, ambienti spesso simili se non uguali, resto sconcertata. Al di là dei file chiusi in un computer con e-mail, immagini, filmati, tracce audio e chissà che altro, conta ciò che resta inciso nella nostra memoria: fatti, luoghi e persone, aneddoti e conversazioni, modi di dire e di fare, emozioni sensoriali, come quelle legate al gusto, al tatto, alla vista… Un piatto particolare, un stoffa, un tramonto e una canzone. Ogni ricordo è unico o almeno dovrebbe esserlo. L’idea di vedere troneggiare sul fondale di ogni evento lo stesso mobile Ikea, a Milano come a New York, a Napoli come a Singapore, mi intristisce.

Share: