Mi sono imbattuta in una pagina de La Repubblica/dossier che custodisce il diario da Belgrado di Biljana Srbljanovic, drammaturga serba che durante la guerra dei Balcani non ha voluto lasciare la sua città. Come quella di Tessa Krevic in Tessa e basta, romanzo autobiografico, anche questa è la testimonianza di una donna che ha vissuto tra i bombardamenti e gli orrori di una guerra su cui abbiamo chiuso gli occhi, fingendo di non vedere ciò che accadeva a due passi da casa nostra. Ho riletto l’ultima pagina del diario della Srbljanovic intitolata Ora la guerra è finita, non ci dimenticate, datata 23 giugno 1999, che chiude così: “... scrivendo questo diario mi sono mantenuta in vita. Per giorni, solo per scrivere il diario, sono rimasta con la mente sana. Quando era più difficile, prendevo la scrittura sul serio, come una missione. Con la forza di questi sentimenti decidevo di vivere. E scrivendo ho conquistato complici. La gente che era descritta nel mio diario, la gente che ha letto il mio diario, la gente che usava il tempo della propria tranquilla vita per comprendere che cosa veramente stava succedendo qui a tutti noi. Erano pesanti per me quelle notti sotto le bombe, era pesante la paura per la gente che amo, mi pesavano i giorni senza la corrente elettrica e l’acqua corrente, mi pesava la vergogna della mia paura. Avevo la paura della morte, paura delle rappresaglie perché parlavo pubblicamente, avevo paura che la mia paura mi potesse accecare. E adesso che tutto questo è passato, ho solo paura dell’indifferenza. So benissimo che nessun male può durare per sempre. Il nostro tempo non è ancora arrivato. Ma giratevi e vedrete: il mondo sta cambiando. Lo stiamo cambiando noi, anche se non ne siamo coscenti. E sarà migliore, vedrete“. Chissà cosa potrebbe scrivere, oggi, la Srbljanovic, di un mondo che di sicuro è cambiato, ma nella direzione opposta da quella da lei auspicata.

Ho pensato a Tessa Krevic, allo sforzo e all’impegno che ha messo in campo per riportare a galla i ricordi più dolorosi e raccontarmi la sua storia, al messaggio di speranza che anche lei propone nel libro. Un ragionamento che alla fine è lo stesso: tutti dovrebbero avere diritto ad avere una seconda occasione. Non è così. Tessa e Biljana si sono sbagliate. Le guerre si sono moltiplicate e per chi non le vive sulla propria pelle, la migliore difesa pare essere l’indifferenza. La speranza, quella non muore, solo il suo orizzonte si è spostato molto più in là, tanto lontano che neppure ci è dato di intravederlo.

Nella galleria alcune immagini che raccontano la guerra vissuta da Tessa Krevic e raccontate in Tessa e basta, scene di come cambia la vita quotidiana trasformata dal conflitto.

 

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