Ho letto Follie di Brooklyn di Paul Auster molti anni fa e ho deciso di rileggerlo tra qualche giorno. È il libro perfetto da avere tra le mani durante il volo che mi porterà a New York per la presentazione dell’ultimo romanzo che ho scritto come ghost writer, My last year in New York, traduzione di Alastair McEwen, ispirato alla storia di Annalisa Menin, figura emblematica di una gioventù combattuta da migrante 2.0. Ho scoperto Auster molti anni fa ed è diventato uno dei miei autori preferiti; non avrei mai pensato di ritrovarmi un giorno nella sua Brooklyn per presentare qualcosa di mio, tuttavia la vita riserva sempre sorprese inaspettate, così come ci ha abituato a scoprire lui in tutti i suoi libri. Infatti Paul Auster, attraverso i suoi personaggi, la loro ricerca di un’identità che muta di continuo, racconta New York come il centro della vita, regolatrice implacabile delle esistenze di chi la abita in alcuni casi riuscendo a viverla, in altri tentando di sopravvivere.

Le citazioni:

E poi, cosa accade? Cosa ne è di chi perde il senso della realtà e vive l’esperienza del talent show trasferita al quotidiano. Si sveglia la mattina e trascorre le ore che ha davanti muovendosi sul set di un’esistenza tanto reale quanto immaginaria, incapace di distinguere la pula dal grano, mentre persegue con incrollabile determinazione un obiettivo che agli altri non è dato vedere. Un’illusione, una bugia“.

Truffatori e imbroglioni dominano il mondo, i furfanti imperversano, perché hanno piú fame di noi. Perché sanno cosa vogliono. Perché credono nella vita piú di noi”.

Chiedere perdono a qualcuno è una cosa complicata, una prova di delicato equilibrio tra la durezza dell’orgoglio e lo strazio del rimorso, e se non riesci ad aprirti sul serio con il tuo interlocutore, tutte le scuse suonano superficiali e false”.

Alla fine tutti saremmo morti, e quando i nostri corpi fossero stati portati via e sepolti sottoterra solo i nostri parenti e i nostri amici avrebbero saputo che ce n’eravamo andati. Le nostre morti non sarebbero state annunciate alla radio o alla televisione. Non avremmo avuto «coccodrilli» sul «New York Times». Nessun libro sarebbe stato scritto su di noi. Questo è un onore riservato agli individui celebri e potenti, a chi è dotato di qualità eccezionali, ma chi si degnerebbe di pubblicare le biografie della gente comune, senza fama, di tutti i giorni, che incontriamo per strada e non ci diamo neanche la pena di notare?

ghost writerLa trama:
Con un matrimonio fallito e una brutta malattia alle spalle, raggiunta ormai l’età della pensione, Nathan Glass ritorna a Brooklyn, la città dov’è nato e che ha lasciato quasi sessant’anni prima. Non è spinto né dalla nostalgia né dal desiderio di fuggire i luoghi della propria esistenza. Trasloca a Brooklyn con l’intenzione precisa di cercare un buon posto per morire. Ma il caso ha ancora in serbo per lui molti avvenimenti, incontri ed emozioni, molta vita prima della fine.
Una delle prime persone che ritrova è Tom Wood, suo nipote. Abbandonate le ambizioni accademiche, Tom si è rassegnato a lavorare come commesso in una libreria antiquaria proprio a Park Slope, il quartiere dove si è stabilito Nathan. Ma se nel caso dell’anziano zio il ritiro a Brooklyn è in qualche modo comprensibile, per il nipote, un trentenne intelligente e sensibile, pare un po’ prematuro. Tom si è arenato in una secca dell’esistenza in compagnia di autocommiserazione e rinuncia, e Nathan cerca di restituirgli la voglia di costruirsi una vita.
La storia della loro ritrovata amicizia si intreccia a quella del quartiere, che come in altre opere di Auster, e in particolare nel film Smoke, assume il ruolo di protagonista. Di pagina in pagina il romanzo si arricchisce di personaggi. Primo fra tutti il padrone della libreria in cui Tom lavora, Harry Brightman, che ha scontato cinque anni di prigione per truffa e non vede l’ora di rimettersi nei guai, soprattutto dal momento in cui l’ex amante e complice ritorna a tentarlo. E dal passato della famiglia Glass arriva un giorno anche una bambina, figlia dell’altra nipote di Nathan. La piccola Lucy si presenta da sola alla porta di Tom, non parla, non rivela dove si trova la madre, e rende molto movimentata la tranquilla esistenza degli zii.

Follie di Brooklyn di Paul Auster
pag. 268 – Einaudi Supercoralli, 2005
Traduzione di Massimo Bocchiola

La quarta_Gli amori infelici del nipote Tom, le avventure del libraio-falsario Harry Brightman, l’apparizione improvvisa della piccola Lucy, che rifiuta di svelare dove si trova sua madre, sorella di Tom. Nathan pensava di dedicarsi a un progetto, la scrittura di un Libro della follia umana, ma le follie sono lì, appena fuori dalla porta, nel più vivo e colorato angolo di New York. Come in Smoke e in Blue in the Face, la città e un suo quartiere, Park Slope, diventano straordinari protagonisti.

Immagine dal web: New York, 24 maggio 1883: viene inaugurato il Ponte di Brooklyn – Corriere della Sera

Share: