Sono arrivata nella Grande Mela da pochi giorni e, almeno per ora, tra me è la città non c’è sintonia: New York è prepotente, eccessiva, schizzata ed è anche una formidabile fonte di ispirazione non solo per chi come me scriva per mestiere, da scrittore fantasma. È un immane calderone di immagini e storie per scrittori, poeti, pittori, musicisti e, più in generale, per qualsiasi creativo. Questa metropoli vive sobbollendo, è amara, ingombrata, sproporzionata e sfrenata. Non so ancora se mi piace, di certo non ci vivrei. New York non è per me. Attraverso le strade e mi riempio gli occhi di verità e menzogne intrecciate negli occhi dei passanti che mi urtano senza vedermi, fiumi di persone in cammino. Molti hanno come punto d’arrivo un precipizio. Forse questo è il traguardo verso il quale stiamo correndo tutti. Vado di fretta anch’io, qui il tempo è più breve che altrove, perfino concitato. Intanto ho ancora qualche giorno per capire se, alla fine, mi lascerò conquistare dalla città del caos oppure no.

Di sicuro è una città che suscita sentimenti contraddittori, come sostengono in tanti:

New York non è ospitale. È molto grande e non ha cuore. Non è incantevole, Non è amichevole. È frenetica, rumorosa e caotica, un luogo difficile, avido, incerto. New York non fa nulla per chi come noi è incline ad amarla tranne far entrare dentro il nostro cuore una nostalgia di casa che ci sconcerta quando ci allontaniamo e ci domandiamo perché siamo inquieti. A casa o fuori, abbiamo nostalgia di New York non perché New York sia migliore o al contrario peggiore, ma perché la città ci possiede e non sappiamo perché.
(Maeve Brennan)

Quando penso a questa città, questa Manhattan di cui canta Whitman, una rabbia cieca, bianca, mi sfiora le budella. New York. Le prigioni bianche, i marciapiedi brulicanti di vermi, le file del pane, gli spacci d’oppio che si costruiscono come palazzi, gli ebrei, i sicari e soprattutto l’ennui, la monotonia dei volti, strade, gambe, case, grattacieli, pasti, manifesti, mestieri, delitti, amori… na città intera eretta sopra una vuota fossa di nullità. Senza significato. Assolutamente senza significato. E la Quarantaduesima Strada! La vetta del mondo, la chiamano. E il fondo allora dov’è? Se vai con la mano tesa, ti mettono cenere nel berretto. Ricchi o poveri, camminano con la testa buttata all’indietro e quasi si rompono l’osso del collo per levare lo sguardo sulle loro bellissime prigioni bianche. Vanno avanti come oche cieche e i riflettori spandono sui loro volti vuoti chiazze di estasi.
(Henry Miller)

Per cento volte ho pensato: New York è una catastrofe. E cinquanta volte ho aggiunto : una meravigliosa catastrofe.
(Le Corbusier)

Esco dal taxi ed è probabilmente l’unica città che in realtà sembra migliore rispetto alle cartoline: New York.
(Milos Forman)

Possiamo noi realmente “conoscere” l’universo? Dio mio, è già abbastanza difficile trovare la strada per uscire da Chinatown.
(Woody Allen)

Immagine Central Park

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