Ci avete fatto caso? Lo stile di scrittura di certi autori è omologato al punto che alcuni dei loro libri potrebbero essere stati scritti indifferentemente dall’uno o dall’altro, al netto della trama. Chiunque legga se ne sarà accorto, infatti, quando capita di incontrare una voce diversa ci emozioniamo, iniziamo a consigliare il libro agli amici con cui abbiamo affinità di parole, lo commentiamo in modo esagerato e se lo ha pubblicato un editore, sempre uno medio o piccolo in questi casi, ne ammiriamo il coraggio.

In alcuni casi dietro al ribasso dello stile, adattato in funzione delle vendite, c’è la mano dell’editor. Almeno di certi editor e di certi editori, dico io.

Wu Ming e la Terranova scrivono nella stessa lingua. I loro editor imparassero da Maxwell Perkins è il titolo dell’articolo di Davide Brullo, uscito qualche giorno fa su Linkiesta. Qui Brullo dà evidenza al contributo dell’editor nel modellare lo stile di scrittura di ciascun autore nel segno di un appiattimento utile a favorire il gradimento del testo da parte di un pubblico “popolare”. Oltre gli accostamenti arditi tra i WuMing, la Balivo e la Terranova, nell’articolo c’è molto altro ed è interessante leggerlo.

L’obiettivo è vendere, quindi occorre adeguare il prodotto-libro al ribasso usando un linguaggio sciatto e in quanto tale più comprensibile per una certa categoria di lettori? Può darsi, anche se io non credo che esistano tante classi di lettori all’interno della platea dei quattro gatti cui ancora piace passare il tempo con la testa sprofondata in un libro.

Cito ancora Brullo: “gli editori mettono in batteria i giornalisti, non sanno scrivere ma sanno mordere – gli scrittori, di solito, oggi, hanno un cuore che sta tra il burro e la margarina”. Un po’ ha ragione. Certi scrittori riscrivono lo stesso libro per tutta la vita, spesso in assenza di trama, gli editor curano l’uniformità dello stile, le voci risultano conformate e di conseguenza talvolta mi capita di abbandonare un testo a metà canticchiando sconsolata le parole di una vecchia canzone di Franco Califano: Tutto il resto è noia.

Nell’articolo succitato c’è anche un decalogo dei principi guida dell’editor che punta all’omologazione del testo al servizio delle vendite. Mi piacerebbe commentare punto per punto, e forse lo farò in seguito, in qualche altro post, ora voglio ancora citare una frase di Brullo che condivido: “Oggi, però, nell’era della musealizzazione dei grandi autori – li studiano solo gli accademici – e dell’imbecillità mediatica e medianica – si pensa che tutti possano scrivere, ma scrivere è una disciplina che pretende studio, tanto studio, come deve studiare l’arte chi suona il pianoforte o dà forma sinuosa al marmo”. E qui anch’io, che di mestiere scrivo e che ho studiato e studio ancora, dovrei posare la penna e il mouse e spegnere il computer per darmi all’ippica, sport che ho praticato per anni, in gioventù. Oggi non è più cosa, sapete com’è: le gambe tremano, la mente vacilla, haha!

Immagine dal web

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