Scrivere un libro, ascoltare i narratori, selezionare le storie, approfondire temi inusuali e spesso complessi stando sempre con il naso tra la carta e il computer, non è facile. Ogni tanto sento l’esigenza di prendermi una pausa, meglio se in buona compagnia e pure a colori perché spesso chi muove le parole gioca anche con le forme dell’arte, e viceversa. Nei giorni scorsi Milano ha ospitato Miart, una fiera in cui arte contemporanea, arte moderna e design dialogano tra loro, e io ho colto al balzo l’invito di un’amica a partecipare a un’asta in cui sarebbero stati battuti alcuni suoi quadri. Decenni fa, il secolo scorso, ogni tanto d’estate mi capitava di assistere alle aste che si svolgevano di sera nelle località di mare, spesso all’aperto, in giardini e cortili di grande atmosfera. Io e il mio compagno, allora due ragazzini, facevamo le ore piccole lustrandoci gli occhi, senza osare il lancio di un’offerta neppure per ciò che era alla portata delle nostre tasche.

scrivere un libroAnche per questo non potevo resistere all’idea di andare a curiosare all’asta organizzata da Basezero a Citylife, considerato che per l’occasione si sarebbe pure ricostituito il terzetto delle Tre Damigelle di cui ho raccontato qui, e qui e qui: la Mora, Chiara Polemica, la mia amica pittrice, la Bionda, Nicoletta Molinari, la mia amica editor, la Rossa sono io e… mancava la Sposa, su cui resta un velo di mistero, purtroppo non è potuta venire.

Chiara Polemica ha proposto due opere che offrono la sorpresa di vasi “visionari” da cui deborda un fiore dall’aria delicata, quasi sofferente. Io immagino che siano colmi della parte invisibile delle nostre vite, la zona misteriosa che talvolta nascondiamo anche a noi stessi. I vasi impongono la loro dimensione sull’uomo minuscolo che passa loro accanto senza vederli e che forse non ne sospetta neppure l’esistenza. Questa la mia personale lettura; qui di seguito vi propongo la visione mutuata dall’enunciato dell’artista che li ha dipinti, Chiara Polemica.

“Questa nuova serie di opere è incentrata sulle forme e sulle proporzioni: vasi dai colori sorprendenti riempiono la tela, enormi come architetture, eppure invisibili per l’uomo che passa loro accanto senza vederli poiché alla sua visione sfugge la dimensione presente.
È il paradosso della vita di oggi: non si è felici perché non si ha tempo per esserlo, impegnati a lavorare alla costruzione di una felicità futura, immaginata e progettata secondo gli standard moderni.
L’uomo sulla tela è reso minuscolo per significare il divario tra ciò che vorrebbe fare e ciò che, di fatto, fa.
Da qui il titolo della mostra “The distance”: la distanza che c’è tra la vita sognata e quella vissuta. In questo divario, fatto di contraddizioni, si trova l’essenza di tante vite dei giorni nostri.
Polemica ha messo da parte spatole e pennelli e ha dipinto le tele stendendo i colori ad olio quasi solo con le dita. Per restituire al suo lavoro la dimensione del gioco.
Il risultato è un contrasto insolito. È questa la sua peculiarità: usare una lente, la lente di Polemica, che esporta, riadatta la realtà delle forme e la imprime su tela con uno sguardo ironico, nascosto però dietro ad un’immagine delicata.
Un viaggio nella vita di oggi e nella realtà in cui ci troviamo a vivere e a sopravvivere”.
L’arte scuote dall’anima la polvere
accumulata nella vita di tutti i giorni.
(Pablo Picasso)
Nella foto in alto sono io con Chiara Polemica e in quella sotto sono sempre io con Nicoletta Molinari, sullo sfondo una delle opere di Chiara.
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