La recente lettura dell’autobiografia di Philp Roth “I Fatti” di cui avevo scritto qui, mi ha fatto venire voglia di rileggere alcuni romanzi di questo grande autore. Di per sé riprendere in mano un libro letto mooolti anni fa, e di cui ricordo poco o nulla, è una buona cosa se non fosse che mi dà la misura del tempo che passa (una sensazione mica bella! 😟). Comunque, a parte il piacere di rinnovare l’incontro con uno dei miei scrittori preferiti, ciò mi consente di trovare una chiave interpretativa più ampia dei contenuti del libro rispetto alla prima lettura e talvolta mi porta a fare qualche nuova scoperta.

Il Roth che voglio ricordare è quello dello “Zuckerman scatenato”, romanzo del 1981 di cui è protagonista Nathan Zuckerman, alter ego del suo creatore. Zuckerman tiene la scena in sette romanzi dello scrittore, a volte come protagonista a volte come narratore. In questo libro Roth racconta i tormenti di uno scrittore di successo e del suo disagio e lo fa come sempre con immenso talento. Questo romanzo è il secondo di una trilogia pubblicata da Einaudi che comprende Lo scrittore fantasma (1979), Zuckerman scatenato (1981), La lezione di anatomia (1983) e si conclude con L’orgia di Praga (1985), un breve racconto. Ciascun titolo è stato pubblicato anche singolarmente.

scrittore fantasma Philip RothDalla quarta di copertina: Nathan Zuckerman ha pubblicato un libro che lo ha reso ricco e famoso, ma la sua vita è nel caos. Cosa vuole da lui la gente che lo riconosce per strada, che gli telefona e gli scrive, chiedendo favori o consigli, offrendo aiuto o minacciando addirittura di rapire sua madre? Le catene da cui credeva di essersi liberato continuano a tormentarlo, e mentre lui cerca di dimostrare di essere una persona responsabile e virtuosa, tutti lo scambiano per l’eroe perverso e «scatenato» del suo libro.

Consiglio la lettura di questo libro a tutti e in particolare a voi che state curiosando nel mio sito perché magari avete in animo di affrontare un progetto autobiografico. Il travaglio di Zuckerman vi aiuterà a riflettere sulle conseguenze dello sciorinare i fatti vostri in un libro, e non intendo riferirmi alle ricadute positive del successo e dei guadagni che vi pioveranno addosso per avere pubblicato un bestseller (questa favola la raccontano i ghostwriter farlocchi), invece mi riferisco a quelle legate all’inevitabile resa dei conti che la scrittura della vostra storia vi costringerà a fare con voi stessi e con chi vi sta intorno.

Ad alcuni scrivere di sé può sembrare appagante, vale per coloro che intendono il libro come un selfie; in realtà lo sviluppo di un progetto di scrittura autobiografico, se affrontato con onestà, è molto di più e, soprattutto, è tutt’altra cosa.

Pensateci: a un certo punto della vita decidete di scrivere la vostra storia (o di affidarla a uno scrittore fantasma che sappia scriverla per voi). Provate a immaginare quanti elementi andrete a mettere in gioco all’interno del processo necessario a realizzare la vostra idea. Non siete scrittori, ma narratori, usate la scrittura al servizio della storia. Le decisioni che prendete rispetto a ciò che racconterete della vostra vita partono da presupposti diversi da quelli che può avere lo scrittore che usa la vita per la sua scrittura. Infatti, se di norma anche lo scrittore quando scrive per la prima volta attinge al magazzino della vita, in seguito sono la vita, le esperienze personali come quelle di altri, che svolgono un ruolo funzionale alla scrittura. Il processo e i risultati sono differenti anche se in entrambe le situazioni chi racconta e scrive assume un pesante carico di responsabilità.

Nel caso di chi decida di raccontare la propria storia le conseguenze possono essere perfino devastanti e questo impone una riflessione al punto che mi domando se non sia opportuno distinguere e spiegare come ci sia, ci debba essere una scrittura di sé che non deve uscire dal fondo di un cassetto perfino nel caso in cui lo scrittore abbia un notevole talento.

Scrivere di sé è anche pericoloso, mettere in guardia chi scrive dal farlo a vanvera è doveroso. A questo proposito torno al libro di Roth che ci dà un ottimo esempio delle conseguenza di certa scrittura, dalla vita alla pagina e di nuovo alla vita. A un certo punto il fratello di Zuckermann fa riferimento alla morte del padre e dice: “Ma l’hai ammazzato tu, Nathan. Con quel libro! Certo che ti ha dato del bastardo! L’aveva visto! Aveva visto cos’avevi fatto, in quel libro, a lui e alla mamma!

Nulla è facile, nulla e scontato nella scrittura di sé. Occorre essere consapevoli dell’avventura che si sta per intraprendere, misurarne gli effetti e mettere in conto le eventuali conseguenze: bilanciare, conciliare, o al contrario sparigliare le carte. Insomma, occorre possedere un buon equilibrio per affrontare questo viaggio, c’è di che riflettere. E voi come ve la cavate da equilibristi?

Zuckerman scatenato di Philip Roth
Einaudi Supercoralli, pp. 186
Traduzione di Vincenzo Mantovani

 

Immagine d’apertura da Vecteey

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