Parecchi editori hanno chiuso i cancelli per salvarsi dalla valanga di manoscritti da cui ogni giorno sono sommersi; per rendersene conto basta curiosare nei siti delle case editrici, tra le pagine dedicate alle istruzioni per l’invio delle nuove proposte. Anche Gallimard qualche settimana fa, nella pagina dei contatti del suo sito, ha aggiunto due righe eloquenti cui ha associato un consiglio: “Date le circostanze eccezionali, vi chiediamo di soprassedere all’invio di manoscritti. Abbiate cura di voi e buone letture”, in proposito vi segnalo un articolo di Maria Teresa Carbone sul Manifesto.

Con buona pace dei dati sulla lettura in Italia, nel momento in cui abbiamo la conferma di avere pochi lettori, sappiamo per certo che il confinamento dovuto alla pandemia ha incrementato a dismisura la quota degli aspiranti autori, un fenomeno che per quanto mi riguarda è confermato dall’incredibile aumento di richieste di collaborazione che ricevo. Per fare fronte alla domanda dovrei essere uno scrittore fantasma dotato di poteri particolari, ma sono solo un ghostwriter con i piedi saldamente ancorati a terra.

Mi piace scrivere e mi piace condividere l’avventura con chi mi racconta una storia che mi interessa. Come ho scritto tante volte qui, prima di avviare una collaborazione cerco di capire il narratore; tra noi deve scattare una speciale scintilla perché si possa lavorare insieme con piacere e con il massimo profitto, con l’obiettivo di arrivare a un romanzo ben concepito e scritto, che ci soddisfi.

Il narratore vuole scrivere la storia per lasciare un’impronta, ciascuno lo farà calibrandone lo spessore in relazione a diversi fattori, variabili da caso a caso.

Per parte mia, prima di accettare l’incarico mi pongo qualche domanda in più: vale la pena scrivere questa storia? Il narratore avrà ben compreso tutte le implicazioni di ciò che comporta l’affrontare la scrittura di un romanzo tratto dalla sua vita? Saprà condividere al meglio il progetto di scrittura? Scriverò un romanzo “con” lui, oppure sarà uno di quei casi in cui scriverò un libro “per” lui? Tra le due opzioni c’è differenza, soprattuto in termini di contenuto.

Quando scrivo “con” qualcuno, l’impegno richiesto contempla un coinvolgimento profondo di chi racconta e sollecita le mie capacità di comprensione del narratore e della storia nella scrittura; insieme tradurremo un’esperienza speciale in un romanzo. Quando scrivo “per” qualcuno l’impegno è lo stesso, ci mancherebbe, ma lo sforzo intellettuale è diverso; arrivo a conoscere bene il narratore, ma non lo decripto in una trama letteraria di cui spesso non vuole afferrare le implicazioni. Questo tipo di narratore non desidera, o non riesce a mettersi in gioco, non gli interessa indagare se stesso e mettersi in discussione, non è quello che cerca e che vuole ottenere dal progetto di scrittura che ha in mente. Alla fine è felice di rinoscersi nelle pagine del suo libro e questo lo appaga. È facile e scontato pensare che appartenga alla categoria dei narcisi, ma spesso entra in gioco un aspetto diverso: non sa apprezzare, e sfruttare, la speciale realtà che sta nella finzione narrativa. Come acquisire le chiavi per aprire la porta a questa particolare dimensione? Per cominciare, leggendo.

Insomma, torniamo al consiglio di Gallimard e ricordiamoci che per provare a scrivere, perfino lasciando la penna in mano a un ghostwriter, dobbiamo “imparare a leggere i libri”. Allora sì, che trarremo il massimo del profitto dall’esperienza di scrittura!

Più info: Il Libro bianco, realizzato dal Centro per il libro e la lettura in collaborazione con AIE e Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, è scaricabile a questo link.

Foto di Valerio Errani da Pixabay

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