In questi giorni sono inversa. A dire la verità sono mesi che sono inversa, come tanti altri, per motivi diversi. Oggi però sono perfino rabbiosa.
Per concentrarmi meglio e scacciare il malumore mentre scrivo il romanzo autobiografico cui sto lavorando per il narratore di turno, ascolto Paolo Conte che domanda Come mi vuoi?, bellissimo pezzo di uno dei miei cantanti di storie preferiti. Il consiglio me l’ha dato Luca Sofri, il peraltro direttore de Il Post, uno dei pochi siti di conforto che ancora frequento in rete e non solo perché invia una newsletter con eccellenti consigli musicali: al Post approfondiscono gli argomenti di cui parlano, controllano le fonti in modo rigoroso e quando sbagliano, pensate un po’, lo ammettono.

Mentre faccio pausa con il caffé di metà mattina e la voce di Conte continua a raspare nell’aria intorno alla mia postazione di lavoro, scorro il giro delle news con le facce dei politici, l’elenco dei provvedimenti dell’ultima manovra, la guerra, il post sull’ultimo Tweet del famoso tycoon d’oltreoceano che sta distruggendo il suo più recente acquisto, un giocattolo che non sa usare e, certo, anche i mondiali di calcio, ci mancherebbe. Segue il chiacchiericcio inutile che riempie il flusso di informazioni che non vorrei avere.

Come mi vuoi? ripete Paolo Conte, e io immagino che la domanda me la ponga un qualsiasi altro da me, qualcuno che incontro per strada, un conoscente, un amico che avevo perso di vista, il cassiere del supermercato, il gelataio antipatico o un vicino di casa. Caro Altro, ti vorrei intelligente, educato, capace di un pensiero critico coerente, un essere umano normale che ragiona e si informa bene. Mi piacerebbe che sapessi ancora scrivere in corsivo, vorrei che potessimo paralare anche del passato, di eventi accaduti almeno un quarto di secolo fa, che poi sono venticinque anni, non un granché, ma oggi anche la memoria è un bene di pochi. Mi piacerebbe che una conversazione con te, un confronto, mi insegnasse qualcosa, desse evidenza ai tuoi e ai miei errori, portasse a galla dei dubbi su cui ragionare. Vorrei che tutto ciò avvenisse in toni pacati, poco più che sussurrati. Vorrei guardarti negli occhi, leggere qualcosa e offrirti i miei senza diffidenza. Vorrei, vorrei…

Invece no, tranne poche eccezioni, ovunque mi giri incontro sguardi vuoti, espressioni rigide da sagome di cartonato, sorrisi appesi su canini rubati a Dracula. Immagini da incubo che favoriscono sogni allucinati in cui là fuori, oltre il confine di casa, ovunque io vada è tutto una discarica.

Adesso Paolo Conte accompagna il mio farneticare sulle note di Via con me, ma esiste ancora un posto dove andare? Esistono ancora persone nuove con cui valga la pena di parlare? Occorre pazientare, siamo in mezzo al guado, o forse al guano, in attesa di una svolta, e chissà cosa ci aspetta dietro il famoso angolo.

Non è per niente improbabile che qualche evento naturale provveda a riequilibrare la situazione. Rispetto al presente, il qui e ora di questo Paese ormai alla frutta, quali sarebbero i motivi di rimpianto? Caspita, sono proprio inversa da morire! Domani… domani sarà ancora così.

 

 

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