Come va oggi? È difficile rispondere. Cammino su un marciapiede macchiato dall’ombra degli alberi che lo dividono dalla pista ciclabile e di nuovo mi interrogo. Come va oggi?
È l’ora di pranzo e in giro c’è poca gente. Meglio, così posso evitare di distrarmi. Quando cammino io penso. Ovunque mi trovi, in un luogo affollato, oppure su un sentiero di montagna, mettere un piede avanti all’altro è un invito a rimuginare a briglia sciolta. I pensieri cambiano forma, colore e direzione così come accade alle nuvole nel cielo; da un po’ di tempo ho in testa solo cumulonembi, le nubi dei temporali sono come il mio malumore. Eppure splende il sole, le giornate iniziano a essere calde, è tempo di preparare la denuncia dei redditi, la terra è un campo di battaglia, il mare un cimitero e c’è l’orsa trentina che sta impazzendo rinchiusa dietro le sbarre. Immagino Jj4 , la vedo ritratta in un quadro che riporta al Quarto stato di Pellizza da Volpedo, l’orsa avanza seguita da un’umanità disperata composta da persone di tutte le etnie, gente sofferente ma dallo sguardo limpido, deciso. Voglio entrare anch’io in quel quadro, voglio avere il mio posto insieme agli altri, stare al loro fianco. Invece… ecco, ho davanti le strisce pedonali; un’auto rallenta, si ferma, io attraverso. Dall’altra parte della strada cambia il panorama: il marcapiede è stretto, l’asfalto crepato in diversi punti, non ci sono più alberi, solo la desolazione del cemento. Del resto ho abbandonato la via principale per prendere una scorciatoia.
Accelero il passo per lasciarmi alle spalle questo deserto urbano inospitale, perfino insidioso. Non c’è ancora nessuno all’orizzonte, meglio così. Tra una manciata di anni, forse un paio, tre, o magari già domani, la maggior parte delle persone con cui avrò a che fare vivranno facendosi influenzare dalle intelligenze artificiali. Saranno tutti contenti, perfino sollevati di potersi affidare, e di fidarsi, di una invenzione che gli fa da specchio. Saranno anche sempre più soli. Forse cadrò anch’io nella rete? Non ho risposte, ma sto all’erta così come adesso cerco di non inciampare sulla superficie sconnessa di questo marciapiede che costeggia una strada di cui non vedo la fine. Non si può mai essere sicuri di non cadere, però per il momento mantengo l’equilibro, ce la faccio e ne vado orgogliosa.
Adesso incrocio qualche passante: chi ha gli auricolari, chi guarda il cellulare, un’altra lo sta riponendo nella borsa, magari si concederà una tregua. Io l’ho lasciato a casa, non so neppure che ore siano perché non uso l’orologio. Non m’importa, ho fame, forse sta per iniziare il pomeriggio. Non fa differenza, il tempo diventa elastico se ti puoi permettere di prenderlo per il verso giusto.
Mi ricordo quando ero sempre di buon umore, mi ricordo che frequentavo più persone di quante ne incontri ora, mi ricordo che mi sembravano più intelligenti, mi ricordo che insieme ridevamo molto, mi ricordo che tanta gente faceva il proprio lavoro almeno con rispetto, che farlo con passione è sempre stato di pochi, mi ricordo che provavo sentimenti d’affetto per amici che ho lasciato andare e non rimpiango, mi ricordo che c’erano meno imbroglioni e anche meno stupidi, mi ricordo che il clima era migliore e comunque, e questo lo sanno tutti, non ci sono più le stagioni di una volta, mi ricordo che i colori, tutti i colori, mi sembravano più intensi, pastosi. Mettevano allegria. Dov’è finita l’allegria? È in dote solo ai bambini e agli ingenui?
Ecco, sono arrivata al mio portone. Ho dimenticato le chiavi, dovrò farmi aprire.
Immagine d’apertura: Uno scorcio dell’isola di Burano, Venezia 2023
Immagine nel testo: Il quarto stato è un dipinto a olio su tela del pittore italiano Giuseppe Pellizza da Volpedo, realizzato tra il 1898 e il 1901. Dal 7 luglio 2022 è conservato nella Galleria d’Arte Moderna di Milano.
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