Ho letto un articolo di Akilesh Ayyar che si interroga sul processo di scrittura dei romanzi, mettendo a confronto gli improvvisatori, quelli che vanno a braccio, con coloro che scrivono pianificando ogni dettaglio della storia. L’articolo cita l’esempio di autori famosi appartenenti a ciascuna delle due fazioni. Ayyar riporta anche il distinguo che George R.R. Martin opera tra gli scrittori architetti e gli scrittori  giardinieri: i primi pianificano rigorosamente e poi costruiscono; i secondi piantano dei semi e li innaffiano e da questo, col tempo, nasce il romanzo.
Rispetto la modalità di scrittura, io mi colloco decisamente tra gli scrittori architetti, inoltre devo valutare le implicazione del mio lavoro di ghostwriter rispetto la relazione con il narratore.
Il ghostwriter è uno scrittore professionista che basa ciò che scrive su una storia che un altro gli racconta; la narrazione viene trasformata in un libro. Quando lavoro nel ruolo di scrittore fantasma, scrivo in autonomia, senza condizionamenti da parte del narratore di turno. Il processo che applico è relativamente semplice: acquisita la storia, completati i lavori di ricerca e dopo avere accumulato un malloppo di appunti che di per sé ha già la misura di  un libro, sono pronta a decidere l’impianto architettonico del romanzo che scriverò. Magari, in corso d’opera, potranno rendersi necessarie alcune modifiche e, più raramente, qualche piccolo stravolgimento, ma è difficile che mi discosti di molto dalla traccia iniziale. Nel mio caso, l’ispirazione per lo scrittore fantasma nasce e si sviluppa da una storia vera che prende spunto dalla vita di un’altra persona e rappresenta l’idea, il punto di partenza per la scrittura.
Ma c’è dell’altro. Per realizzare il libro, il ghost writer deve cambiare pelle ed entrare nella parte del suo narratore, evitando giudizi e pregiudizi. Scrivere un romanzo autobiografico in questo modo implica un percorso di narrazione e di scrittura inusuale, restano in sospeso tanti quesiti: perché il narratore vuole raccontarsi? Quanto incide su di lui un iter così complesso? E il ghost writer? Quale peso ha il suo ruolo? Questo tipo di scrittura, gestita in modo professionale, è forse una nuova possibile modalità terapeutica, certamentente diversa dalla medicina narrativa, o un nuovo genere letterario? O è solo una moda?
Dal punto di vista dello psicologo gli interrogativi sul significato di una tale operazione sono molti. L’argomento merita un approfondimento. Ne riparleremo.

Immagine dal web.

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