Come ogni anno, a luglio i consigli di lettura fioccano da ogni dove. Anch’io vi passo i miei perché questo argomento prende lo spazio di un comodo post in un momento in cui a Milano c’è un caldo assassino e lo scrittore fantasma si sta squagliando sotto il lenzuolo. Non posso accendere il condizionatore a causa dei postumi di una tremenda bronchite estiva e sono fiacca al punto che mi trascino in giro sui gomiti. Il potermi limitare a stilare un elenco di titoli mi rassicura e mi concede pefino l’illusione di un refolo d’aria. Non ho ancora letto nessuno dei libri che vi consiglio, sono i romanzi che ho già preparato per il trasferimento in montagna, quelli che leggerò io. Non troverete citato alcun “titolo alla moda”, da Strega o classifiche varie; salvo rare eccezioni, oriento diversamente le mie scelte.

Cina e altri Orienti di Giorgio Manganelli, Adelphi
Dice il risvolto: «Andare in Asia, eh? So già cosa vi immaginate. Qui sarà tutta una luminaria di illuminazioni, una visione di visioni, una rivelazione di cose che, altrove, non si rivelano. Credete? Mandate a girar per l’Asia un professore nevrotico, diventato poi pensionato, poi gazzettiere, e il risultato sarà sensibilmente diverso. Deprimente, diciamo». Così scriveva Manganelli nell’irri­dente, paradossale risvolto destinato a spiazzare i potenziali acquirenti della nuova edizione, accresciuta di molteplici Ori­en­ti, di un libro apparso in origine nel 1974 (nel frattempo, fra il 1975 e il 1988, ai reportage da Cina, Filippine, Malesia se n’erano aggiunti numerosi altri: Arabia, Pakistan, Kuwait, Iraq, di nuovo Cina, Taiwan). Un’edizione che Manganelli predispose minuziosamente pochi mesi prima di morire, nel 1990 – tanto la serie di viaggi orientali gli stava a cuore –, ma che non venne mai realizzata: almeno sino a oggi, grazie alle cure impeccabili di Nigro. Ma perché «deprimente»? Perché il lettore affetto da ansia di assoluto non avrebbe trovato né Siddhartha né un solo guru, «se non con fondotinta di imbroglione a fin di bene cosmico». Il che non stupisce, essendo scopo precipuo del­l’autore, semmai, quello di raschiare via un po’ di anima: sicché «scolorina sulle apparizioni; antinevralgici per i fachiri, sordina sulla scala pentatonica; Coca-Cola nella Cina popolare». In compenso, il lettore avrebbe trovato – divertendosi, per di più, pazzamente – qualcosa di altrettanto prezioso: la chiave per comprendere «i modi ingegnosi in cui l’altrove si nasconde sotto l’appa­renza del­l’ovvio» e quanto meno intravedere quelle «linee del labirinto» che sono i nostri fratelli ignoti. Anche nelle vesti di viaggiatore, d’altro canto, Manganelli resta un ricercatore di segni, un decifratore di enigmi ed emblemi: in altre parole, un lettore che «non si illude di espatriare dalla propria biblioteca».

Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan, Minimiun Fax
Il tempo è un bastardo è un romanzo insolito, formato da una serie di racconti collegati dal ricorrere degli stessi personaggi. Al centro ci sono Bennie Salazar, ex musicista punk e ora discografico di successo, e il suo fidatissimo braccio destro Sasha, una donna di polso ma dal passato turbolento. Le loro storie si snodano fra la San Francisco underground di fine anni Settanta e una New York prossima ventura in cui gli sms e i social network strutturano le emozioni collettive, passando per matrimoni falliti, fughe adolescenziali nei bassifondi di Napoli, scommesse azzardate su musicisti dati troppe volte per finiti. Intorno a Bennie e Sasha si compongono le vicende delle loro famiglie, dei loro amici: una galleria di co-protagonisti grazie alla quale la Egan riesce a raccontare le degenerazioni isteriche del giornalismo e dello star-system, la meraviglia delle droghe psichedeliche, le dinamiche emotive di un bambino autistico nella provincia americana del futuro. Il tempo è un bastardo supera gli stereotipi della narrativa tradizionale restando godibile e appassionante per tutti i lettori: un romanzo-mondo aperto alle infinite possibilità dell’esistenza e della prosa, che si è conquistato la vetta della scena letteraria americana e internazionale.

Canada di Richard Ford, Feltrinelli
Ai nostri giorni, a distanza di mezzo secolo dai fatti, il professor Dell Parsons, americano trapiantato in Canada e alla vigilia della pensione, ricorda i due avvenimenti che hanno impresso una svolta decisiva alla sua vita e a quella di Berner, la sua gemella. Una rapina in banca e un duplice, feroce assassinio. La rapina in banca è stata commessa dai loro genitori: due persone assolutamente normali da cui sarebbe stato assurdo aspettarsi una cosa simile. Rapidamente scoperti e incarcerati i genitori, abbandonati a se stessi i figli, la famiglia va in frantumi. Mentre la ragazza scappa di casa, il maschio viene contrabbandato in Canada da amici prima che la legge ne imponga l’affidamento a un orfanotrofio. E proprio in Canada avrà luogo il secondo avvenimento che cambierà radicalmente la vita di Dell. Uomo affascinante e tenebroso, americano espatriato come il ragazzo, Arthur Remlinger è una specie di piccolo grande Gatsby sul cui passato corrono voci inquietanti. Potrebbe avere sulla coscienza un assassinio per cui persone dalla memoria lunga sono da tempo sulle sue tracce. Ma quando i vendicatori si presentano, Remlinger è pronto ad accoglierli. Coinvolto suo malgrado nell’agguato, Dell sarà costretto a scavare le buche in cui nascondere i corpi degli assassinati. Diventato professore, canadese tra canadesi ma sempre americano nel midollo, insegnerà per quasi vent’anni.

Balzac e la Piccola Sarta cinese di Dai Sijie, Adelphi
Accade talvolta che un romanzo di autore ignoto – e magari con un nome difficile da pronunciare – incanti d’un colpo i lettori più disparati per una certa irresistibile freschezza, per la sua capacità di lasciar sgorgare la narrazione senza che il lettore faccia in tempo ad accorgersi di esservi già immerso. È accaduto in Francia con Balzac e la Piccola Sarta cinese, che nel giro di poche settimane è diventato il romanzo che tutti leggevano, consigliavano agli amici, avevano voglia di regalare. La storia è remota ma parla a ciascuno di noi: perché racconta di come la lettura, grazie alla segreta malia di una misteriosa, preziosissima valigia di libri occidentali proibiti, riesca a sottrarre due ragazzi, colpevoli soltanto di essere figli di «sporchi borghesi», a svariate torture e permetta anche a uno di loro di conquistare la «Piccola Sarta cinese». Così, pur vivendo in mezzo agli orrori della «rieducazione», i due ragazzi e la Piccola Sarta scopriranno, in virtù di qualche goccia magica di Balzac (e di Dumas, e di Flaubert, e di Kipling), che esiste un mondo fatto di pura, avventurosa bellezza. Attraversando, nel frattempo, loro stessi rocambolesche avventure: come quando, per vincere la diffidenza del capo del villaggio dinanzi a un oggetto ignoto – un violino –, il giovane Luo annuncia agli astanti sbigottiti che ascolteranno una sonata dal titolo Mozart pensa al presidente Mao.

Inoltre vi consiglio caldamente di leggere uno dei miei libri tra quelli che di recente ho scritto come ghostwriter: La regola dell’eccesso, Tessa e basta e La bambina con il fucile. Sono storie vere assai coinvolgenti e sulle pagine dedicate ai miei libri in questo sito troverete molte notizie riguardo ad essi. In autunno invece, grandi novità: ci sarà un nuovo libro. Ne riparlaremo con qualche grado di meno. Nel frattempo, buona lettura!

scrittore fantasma

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