Cresce il numero delle persone alla ricerca di un ghostwriter che sia in grado di scrivere un libro con e per loro. Un buon segnale dal mercato per lo scrittore fantasma? Certo, tuttavia devo essere sempre attenta nel valutare e scegliere sia le storie sia i narratori, le persone che vogliono raccontarmi la trama che hanno in testa, o la loro storia personale, affinché io trasformi la narrazione orale in un romanzo. In linea di massima tutte le storie autobiografiche sono interessanti, non tutte sono adatte a un progetto finalizzato alla pubblicazione; in linea di massima e salvo eccezioni, quando al centro del progetto c’è un’invenzione, la storia che mi viene proposta raramente suscita il mio entusiasmo; spesso è debole sotto diversi aspetti, qualche volta proprio non c’é o non sta in piedi.

Io cerco buone storie, storie che reputo valga la pena scrivere perché contengono un messaggio in cui anch’io credo. Mi piace molto lavorare su storie ispirate dalla realtà, tradurre in un romanzo le vicende reali che mi racconta chi ne è stato protagonista nella vita, il mio narratore, e amo sviluppare la narrazione combinando la sua voce con la mia capacità narrativa. Lavorare avendo a disposizione il mio protagonista in carne e ossa è stimolante, interpretarne la voce è una sfida, il confronto tra di noi un arricchimento. Talvolta per me è una scuola di vita.

Per arrivare a raccontare bene la storia, per scriverla nel modo più adatto a conquistare i lettori, ho bisogno di essere in sintonia con il mio narratore, di condividerne le emozioni, di appassionarmi a ciò che scrivo. Raccolgo il suo racconto, approfondisco per conto mio alcuni aspetti, leggo, analizzo, verifico, assumo punti di vista diversi, entro nel contesto del tempo di cui devo scrivere, lo stesso in cui si muove la storia, e tutto è funzionale all’esigenza di esprimere attraverso la pagina scritta personaggi a tre dimensioni che si muovano in uno scenario che risulti reale più che realistico.

Tuttavia la passione non basta per realizzare una storia raccontata bene, ci vuole il mestiere, la tecnica a supporto di una scrittura che sia convincente e coinvolgente per i lettori. La scrittura non ammette improvvisazione; occorre scrivere, rileggere, analizzare, tagliare, aggiungere, correggere, riscrivere per dare vita alla storia. Il libro frutto del lavoro condiviso, mio e del narratore, porterà i lettori a vivere un’esperienza significativa, capace di dare emozioni, generare domande e riflessioni e, magari, prendere la forma di un’idea destinata a restare. La nostra ambizione è scrivere un libro di cui rimanga una traccia, un’impronta.  Infatti ha ragione Emil Cioran quando sostiene che:

“Un libro che lascia il lettore
uguale
a com’era prima di leggerlo
è un libro fallito”. 

 

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