Di solito ovunque mi trovi, il periodo estivo, agosto in particolare, rappresenta il tempo della lentezza. Rallento per ricaricarmi, leggo e scrivo più per piacere che per lavoro e assaporo il gusto delle cose che preferisco, se possibile in compagnia di alcuni buoni amici.
Quest’anno è diverso. Ho ingranato il movimento misurato della lumaca, ma sono incapace di svuotare la testa. I pensieri che mi trascino appresso somigliano ai nuvoloni sfrangiati, viola e neri, che preludono la peggiore delle tempeste. Il disagio di essere parte di un Paese che non riconosco è sempre più forte. Non posso restare indifferente mentre osservo i danni che producono gli ignoranti al potere e, ancor più, non voglio rassegnarmi all’incapacità dell’opposizione di organizzare una reazione adeguata mentre il clima sociale sta degenerando e la propaganda, l’unica cosa gestita ad arte, aggancia quella parte della popolazione che non sa distinguere il vero dal falso.
Il vuoto di idee e sentimenti e l’indifferenza tolgono valore e dignità alla vita umana. Una parte degli italiani non si vergogna di essere razzista, anzi! Una parte degli italiani è convinta di poter dire la propria su qualsiasi argomento e non si preoccupa, o forse non sospetta, di appartenere alla categoria degli analfabeti funzionali; una parte degli italiani è tanto credulona da bersi le fandonie più evidenti. Quelli che prima non osavano manifestare la loro aggressività, ora manifestano apertamente la loro indole violenta; c’è anche chi è posseduto dalla smania di distruggere tutto ciò che non gli piace, o non può avere, o non riesce a comprendere.
Tra quelli che dispongono degli strumenti per comprendere questo orrendo presente, molti si limitano a osservare ciò che accade e restano nel loro guscio, inebetiti. E colpevoli, per la loro assenza.
In queste periodo si sono moltiplicate le notizie di aggressioni gratuite contro persone di colore (leggi su Huffingtonpost.it), ma non suscitano lo sdegno che, a mio avviso, sarebbe giusto aspettarsi. Forse siamo anestetizzati dal caldo e se mettiamo sul piatto della bilancia le vacanze da godere e l’indignazione dovuta a sostegno di vittime innocenti, senza esitazioni scegliamo di girare le spalle a chi subisce schifose ingiustizie perché dobbiamo partire.
Ci penseremo a settembre, forse? Che senso ha? Pensiamo di poter continuare a vivere le nostre giornate fregandocene di quel che accade intorno?
Nel frattempo qualcuno avrà cura di tenere il conto e fare la cronaca dei delitti, più o meno efferati, che verranno commessi.
Vacanze o no, il tempo per una riflessione dobbiamo trovarlo tutti: cosa siamo diventati? Non credo che chiudere i porti, blindare i confini, armarsi, sprangare gli accessi alle case e limitare pensieri e parole potrà migliorare la vita a qualcuno.
Immagine dal web.
Non serve chiudere i porti, sprangare le finestre e chiudere i chiavistelli. Ma questa è la reazione più semplice ed immediata ad un clima di paura creato artificiosamente, attorno al quale è piuttosto facile aggregare consenso e alimentare la sete di potere.
E’ la paura atavica che alberga negli strati più profondi del nostro inconscio che si libera, trova sfogo e veicolo per eruttare in faccia a chi ha un colore diverso della pelle, veste in modo multicolore e parla una lingua incomprensibile che fa tornare in mente il doppiaggio della governante di Via col Vento.
Non sarà facile espellere queste tossine dal nostro tessuto sociale. Non basterà una sconfitta elettorale per arrestare questo trend. Anni di arretramento di fronte agli effetti dei grandi sconvolgimenti sociali ed economici dell’ultima parte del secolo hanno ridotto ad una nullità tutte le ipotesi ideali e progettuali alternative.
In fondo, dentro di noi, pensavamo che alla fine saremmo diventati tutti più ricchi. Invece siamo solo diventati dei consumatori globali perfetti. Usa e getta.
Speriamo che le generazioni future trovino nuovamente un’utopia per la quale valga la pena di dire “basta”.
Grazie, Andrea, per il tuo commento che condivido. Dobbiamo trovare la voglia, la forza, il coraggio per tornare a parlarci, per confrontare le nostre idee per un progetto che ci porti a riconquistare e tutelare la dignità umana. Servono uomini, donne e idee nuove, ma il tempo, quello sta per esaurirsi. Se non invertiremo la rotta in fretta forse dovremo assaggiare direttamente una qualche forma di conflitto, oppure ci toccherà di sperimentare un’epidemia che magari si trasformerà in pandemia, con buona pace dei no vax; rimarremo isolati e senza lavoro, esauriremo le risorse ambientali disponibili senza avere approntato efficaci alternative perché abbiamo affidato la nostra sorte a persone che non hanno le competenze, le capacità e ancora meno l’intenzione di impegnarsi a favore della collettività. E allora continuiamo a prendercela con quelli più deboli di noi, gente cha scappa dalla fame e dalle bombe, e investiamo per difenderci da chi vuole venderci collanine e vestiti variopinti sulle spiagge delle agognate vacanze che magari dovremo rimborsare a rate.