Scommetto che la maggior parte dei lettori non sa che alcuni tra i libri di maggiore successo sono frutto del lavoro di scrittori professionisti, i ghostwriter, quelli che una volta venivano chiamati negri. Una conferma arriva dalla classifica dei libri più venduti al mondo di cui ha scritto anche Il Libraio qualche giorno fa; in Gran Bretagna mette al primo posto Wilbur Smith con War Cry, nuovo episodio del Ciclo dei Courteney, mentre negli Stati Uniti è James Patterson a guidare la graduatoria americana con il suo ultimo thriller The Black Book. Come altri romanzieri molto prolifici, per realizzare le loro opere James Patterson e Wilbur Smith si avvalgono di squadre di scrittori professionisti, i ghost writer; in questo modo, da anni mandano avanti una straordinaria fabbrica di bestseller, che non hanno altra pretesa che quella di essere libri di intrattenimento, e sono in vetta agli elenchi degli autori che realizzano i maggiori guadagni. La loro è una produzione industriale che ha comunque conquistato un pubblico amplissimo, cui collaborano scrittori fantasma che si occupano del lavoro di approfondimento e ricerca necessari in relazione a ciascun libro, ma anche dello sviluppo dettagliato della trama e della scrittura. Vi stupisce? Sappiate che, salvo poche eccezioni, il 100% delle autobiografie di personaggi famosi, per i quali di recente è stato coniato il termine di libroidi, è scritto facendo ricorso al ghostwriting. Non ho trovato dati statistici precisi, tuttavia c’è chi sostiene che circa la metà dei best-seller non fiction siano il frutto del lavoro di scrittori ombra, altre fonti danno una stima compresa fra il 40 e l’80%.
Da noi è una pratica abbastanza consueta rivolgersi a un ghostwriter, uno scrittore professionista, per curare le opere di saggistica ove sia necessario mediare contenuti specialistici in una forma divulgativa; lo stesso vale, seppure per motivi diversi, per i bestseller prodotti in serie e per i succitati libroidi, spesso assimilabili ai gadget, al centro di operazioni di marketing cui ricorrono gli editori sperando di risollevare le vendite. Forse è per questo che, in Italia, certa parte degli addetti ai lavori guarda con sospetto il lavoro degli scrittori fantasma e, applicando una non sempre condivisibile selezione tra alta e bassa letteratura, confina le loro opere nella seconda fascia. Ma il lavoro del ghostwriter non è solo questo e uno scrittore professionista può dare il meglio quando non è asservito alle esigenze degli editori. Infatti, gli scrittori fantasma free lance scrivono scegliendo in autonomia le storie che intendono raccontare in un libro.
Tuttavia c’è ancora chi storce il naso al solo sentire pronunciare la parola “ghostwriter”. Del resto, nel nostro Paese è abitudine consolidata generalizzare parlando di ciò che si conosce per sommi capi, o per sentito dire, senza troppo approfondire l’argomento, senza guardare all’evoluzione di un fenomeno là dove è nato e ha una storia consolidata. Ricordiamo, per esempio, che il ricorso al ghostwriting  ha permesso di realizzare alcuni dei casi editoriali più clamorosi degli ultimi anni, un esempio per tutti è Open, la biografia di Agassi, scritta da J.R. Moehringer, divenuta uno straordinario successo sia di pubblico sia di critica.
I ghost writer famosi, quelli bravi, vivono del loro mestiere mentre quasi nessun scrittore, per quanto meritevole, è in grado di  sopravvivere con ciò che guadagna dalla scrittura: un limite del nostro sistema, per niente attento alla cultura, e della disaffezione alla lettura. Che qualcuno possa comunque vivere di scrittura scrivendo le storie di altri, può non piacere, tuttavia cresce il numero dei libri di “scrittori” che riportano la dicitura “ispirato a una storia vera”. Allora? Il ghost writer assolve un ruolo complesso e deve rispondere di ciò che scrive non solo a se stesso e ai lettori, ma anche alle persone che gli raccontano la storia che deve tradurre in un libro; tutto ciò richiede molte competenze, la responsabilità di scelte spesso difficili. Se è bravo, se è capace, i risultati arriveranno.

Immagine web dal film The ghost writer di Roman Polanski, 2010

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