Sono due mesi che non scrivo un post sul mio sito, credo di non essere mai stata in pausa così a lungo da quando, ormai una decina di anni fa, ho inaugurata questa mia casa virtuale. Non ho scritto per diverse ragioni, la principale riguarda l’impegno richiesto dal libro cui sto lavorando. Si tratta di una storia densa di avvenimenti, complicata da montare, la cui scrittura mi dà molto piacere, mi porta in luoghi lontani e mi permette di realizzare alcuni sogni di gioventù. Inoltre ho letto molto, perfino più del solito.

Alcune delle mie letture hanno riguardato l’Africa – avevo già cominciato a interessarmene con Madame Ba di Erik Orsenna di cui avevo scritto qui -. Non farò alcuna recensione, ma mi fa piacere segnalare una rosa di libri che ho trovato per certi versi straordinari.

 Di Ahmadou Kourouma (1927-2003), una delle maggiori figure letterarie della Costa d’Avorio, ho letto  Aspettando il voto delle bestie selvagge e Allah non è mica obbligato (vincitore del premio Grinzane Cavour 2003) pubblicati da Edizioni E/O. Quest’ultimo racconta la storia di un bambino soldato usando un linguaggio che fa ampio ricorso ai modi di dire e ai proverbi che di volta in volta spiega rivolgendosi direttamente al lettore. “Allah non è mica obbligato a essere giusto in tutte le sue cose di quaggiù” dice il protagonista della storia nel corso del suo allucinante viaggio alla ricerca della zia attraverso la Liberia e la Sierra Leone stravolte dalla guerra tribale. Il racconto è a tratti crudo, esilarante, visionario e comunque irresistibile.

Di Bâ Amadou Hampâté (1901-1991), scrittore, filosofo e antropologo maliano, ho scelto di leggere L’interprete briccone, ovvero lo strano destino di Wangrin, un romanzo in cui l’autore compone un affresco del mondo africano contestualizzato con riferimenti agli aspetti culturali, sociali e religiosi. Wangrin racconta l’Africa in un francese “colto” mentre insegna a sorridere e a ridere: “Riderò degli uomini e delle cose, riderò di coloro che non sanno ridere né far ridere, perché chi non ride è malato o malvagio. E io non sono né questo né quello”. Pubblicato da Edizioni Lavoro.

La mia vita nel bosco degli spiriti di Amos Tutuola (1920-1997) è stato scritto negli anni Cinquanta, prima che il territorio in cui l’autore viveva diventasse l’attuale Nigeria. Tutuola lo ha scritto in un inglese creativo, un po’ inventato, quello usato dagli Yoruba, l’etnia cui lui apparteneva. Da un lato ha cercato di preservare i modi e i contenuti della tradizione orale, dall’altro ha costruito una lingua adatta alla comprensione dei lettori anglofoni. Nel libro ci sono due testi godibilissimi. Il primo è Il bevitore di vino di palma e racconta di un uomo che si mette in viaggio per trovare il suo fornitore di vino, perso nella Città dei Morti. Nel secondo, La mia vita nel bosco degli spiriti, un ragazzino scappa dal suo villaggio per salvarsi dalla guerra e finisce con il perdersi nella Selva dei Fantasmi. Edito da Adelphi.

Infine Ebano, diario di un viaggio tra gli anni ’50 e gli anni ’90, in cui Ryszard Kapuscinski (1932-2007), scrittore e giornalista polacco, ha raccolto le sue riflessioni sull’Africa seguendo le emozioni che questo terra e il suo popolo gli hanno trasmesso. Kapuscinski riesce a essere davvero coinvolgente condividendo il suo modo di conoscere il mondo africano, lo stesso che aveva spiegato in un’intervista concessa a Stas’ Gawronski: “Ci sono due strade da percorrere simultaneamente per capire il mondo. Una ti porta in giro per il mondo, l’altra dentro te stesso. Un grande filosofo cinese del passato, Confucio, diceva che per conoscere il mondo non serve lasciare la tua casa. Il viaggio serve a fare esperienza dei propri sentimenti, del proprio pensiero. Non si possono separare”. Pubblicato da Feltrinelli.

Buona lettura a chi si farà tentare da uno di questi titoli.

“Questo non è un libro sull’Africa, ma su alcune persone che vi abitano, sui miei incontri con loro, sul tempo trascorso insieme. E’ un continente troppo grande per poterlo descrivere. E’ un vero e proprio oceano, un pianeta a parte, un cosmo eterogeneo e ricchissimo. E’ solo per semplificare, per pura comodità, che lo chiamiamo Africa. In realtà, a parte la sua denominazione geografica, l’Africa non esiste.” Ebano – R. Kapuscinski

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