Secondo quanto riportato dal Financial Times, nel mondo anglosassone stanno crescendo le vendite di libri tradizionali, mentre il digitale è in stallo. In Gran Bretagna la catena di librerie Waterstones parla di vendite cresciute nel mese di dicembre 2014 del 5% rispetto all’anno precedente e questa crescita, assicurano da Londra, non è in nessun modo legata alle vendite dei Kindle, cui Waterstones si era convertita due anni fa. L’evoluzione digitale sembra faticare, e anche da Foyles, altra catena di librerie britanniche, si deve registrare l’insuccesso, almeno per ora, di un esperimento di e-reader, ma al tempo stesso, si tocca un +8% nelle vendite complessive. Conferme in questo senso arrivano anche dagli Stati Uniti dove, scrive sempre il FT, le vendite di libri tradizionali sono cresciute del 2,4%, secondo anno consecutivo con un segno più. In Gran Bretagna il dato resta negativo per il 2014 (-1,3%), ma nel 2013 la caduta era stata del 6,5% (nonostante un anno con bestseller come “Cinquanta sfumature di grigio” oppure, imperdibile per il pubblico inglese, l’autobiografia di Sir Alex Ferguson) – Fonte AscaNews. Il libro di carta, insomma, sembra tutt’altro che morto e dalla Gran Bretagna gli operatori editoriali non hanno paura di parlare di un’industria del libro che gode di “salute piuttosto buona”. In Italia, invece, attendiamo ancora il boom dell’editoria digitale, ma da noi le tendenze globali arrivano quasi sempre in ritardo.

Il fondatore di Facebook ha decretato che il 2015 sarà “l’anno dei libri” e ha invitato il popolo di Facebook alla lettura di due libri al mese. Da ieri, dunque, sul social network è comparsa la pagina “Year of books” che al momento in cui scrivo, sono le 16 del 5 gennaio, ha già raccolto oltre 139.000 “Mi piace”. «Leggeremo un nuovo libro ogni due settimane e ne discuteremo qui – è scritto in un post – I nostri libri si concentreranno sull’apprendimento di nuove culture, credi, storie e tecnologie. Suggerimenti per nuovi libri da leggere sono sempre benvenuti». Come primo volume da leggere, Zuckerberg consiglia La fine del potere del venezuelano Moses Naim, un saggio di 300 pagine pubblicato nel marzo del 2013 che parla dell’evoluzione della leadership. «Sentitevi liberi di discuterne, ma mantenete la conversazione attinente a questo libro», raccomanda nel post. L’iniziativa di Zuckerberg è stupefacente di per sé e porterà a chissà quali iniziative da parte degli editori per ottenere la segnalazione di un loro libro. Nel nostro Paese un italiano su due non legge neppure un testo l’anno e i libri non si vendono. Chissà, forse grazie all’iniziativa del vecchio Marck rivolta all’immensa platea di Facebook (1,3 miliardi di iscritti), qualcosa potrebbe cambiare.
L’editore Penguin ha riconosciuto apertamente che ‘Online Girl’, campione di vendite, è stato scritto da un ghost writer. Il libro di cui figura come autrice Zoella ha venduto…
Le immagini ci aiutano a rievocare situazioni a risvegliare emozioni, a ricordare. Fotografie, diapositive, lastre, cartoline, disegni, carte geografiche, guide, periodici, libri illustrati. E poi documenti, registri, lettere. Un patrimonio, quello del Touring, stimato intorno ai 700mila oggetti custoditi dal Centro documentazione del Tci che costituisce la memoria dell’associazione e dei suoi 120 anni di vita. Un’eredità culturale che il Touring ha reso reso consultabile non solo per i propri soci ma anche per un pubblico più vasto. Dopo un lavoro preliminare di analisi, ha preso il via da pochi mesi il progetto di archivi online Digitouring. Obiettivo: rendere possibile fare ricerche e navigare tra i documenti e le immagini che saranno via via resi disponibili in formato digitale. L’attivazione del portale www.digitouring.it è libera e aperta a tutti.
Ha un’impronta ben definita il fenomeno delle biografie di personaggi noti che fanno mercato per gli editori e marketing per se stessi. Lo ha definito in ogni dettaglio Enrico Sisti su La Repubblica.it, sostenendo che il fine ultimo di queste biografie è semplice: “Per vendere o per essere ricordati il più a lungo possibile? Entrambe le cose probabilmente”, attraverso il racconto de “La propria storia riveduta e corretta, come fosse un “selfie” gigante, ritoccato quanto basta” e “Ovviamente il biografo può anche essere ‘non autorizzato’, ma cambia poco perché in notorietà ci guadagnano tutti”. Anche in questi casi la figura del ghost writer ha un ruolo centrale perché, come sottolinea Sisti, “Se non hai la forza o le capacità di scrivere da solo la tua storia, è sufficiente (si fa per dire) affidarsi a un talento degli effetti speciali”. L’articolo di Enrico Sisti al link: http://www.repubblica.it/rubriche/la-storia/2014/12/07/news/biografie_pruzzo_e_altri-102360720/
Sono d’accordo con quanto scrive Sasha Perugini in un articolo pubblicato su huffingtonpost.it sul tema dell’autobiografia. La Perugini sostiene che, per le persone comuni, “L’autobiografia è – narcisismo a parte – una forma di ribellione a un costume sociale troppo stretto o che si percepisce come castrante e giudicante”. Faccio la ghost writer e sulla base della mia esperienza posso dire che narrare della propria vita ha un effetto liberatorio, permette di conoscersi meglio, per alcuni è una forma di riscatto. È un modo per rimettersi in pari con se stessi. Certo non è alla portata di tutti sotto diversi aspetti, ma questo è un altro discorso. Comunque è vero: la voglia di “scrivere l’autobiografia” cresce anche tra le persone comuni. Consiglio la lettura dell’articolo di Sasha Perugini. Vedi link: http://www.huffingtonpost.it/sasha-perugini/voglia-scrivere-autobiografia-comprensibile_b_6128086.html